La manovra Monti presenta un conto salato alle aziende agricole

29/12/2011

Confagricoltura Alessandria, da anni impegnata nella tutela e salvaguardia degli interessi del mondo agricolo, traccia un primo bilancio sulle misure del Decreto Salva - Italia che riguardano il settore primario.
“Siamo fermamente convinti che serva rigore per risanare la situazione dei conti pubblici e per far ripartire l’economia – afferma il presidente di Confagricoltura Gian Paolo Coscia – e il mondo agricolo, responsabilmente, non vuole tirarsi indietro. La manovra però, così come approvata, rischia di rendere la situazione economica delle imprese agricole, già di per sé difficile per cause congiunturali, veramente drammatica”.
La prima valutazione della manovra Monti non può prescindere dall’analisi delle conseguenze che gli aumenti di imposte a carico degli agricoltori produrranno.
In particolare, l’incremento della base imponibile ai fini Imu, insieme con le nuove tasse sui fabbricati rurali, comporta incrementi di tassazione dal 100% sino a valori assurdi del 400%.
Per spiegare meglio come sarà pesante il nuovo prelievo fiscale, le cui modalità avrebbero dovuto entrare in vigore dal 2014 ma sono state anticipate in “via sperimentale” già all’anno prossimo, Gian Paolo Coscia, fornisce qualche dato chiarificatore. «L’Imu va a sostituire l’Ici e va applicata su tutti gli immobili: terreni agricoli e fabbricati rurali ad uso abitativo e strumentale. La base di calcolo per tale imposta è quella della rendita prevista al 1° gennaio 2012, rivalutata del 5% e moltiplicata per 160 per i fabbricati rurali ad uso abitativo mentre per i fabbricati rurali ad uso strumentale l’indice è 60».
Insomma, la novità meno accettabile per il mondo agricolo è che con l’Imu anche un fabbricato rurale che ha una funzione strumentale, serve cioè per la produzione, ed il cui reddito risulta già compreso nelle potenzialità del terreno stesso sul quale insiste, dovrà pagare analogamente ad un immobile ad uso abitativo.
«L’imposta municipale unica inoltre – spiega Coscia – non riguarda solo i fabbricati rurali, ma anche i terreni agricoli, che vengono rivalutati con un coefficiente moltiplicatore incrementato da 75 a 110, con un aggravio netto di tassazione di quasi il 50% e con, ciliegina sulla torta, l’ulteriore cancellazione delle agevolazioni per gli imprenditori professionali».
Altra nota critica riguarda l’obbligo di accatastamento di tutti i fabbricati rurali entro il 30 novembre 2012; Confagricoltura, in merito, torna a richiedere la proroga per tale obbligo, in quanto il margine troppo esiguo per la presentazione delle domande di variazione delle categorie catastali dei fabbricati non permetterà una precisa azione ricognitiva del patrimonio rurale presente sul territorio.
« Una congrua proroga – precisa Coscia – risulta indispensabile proprio perché la gran parte degli agricoltori non sarebbe in grado di assolvere, data la ristrettezza dei termini, all’obbligo di legge. Ci auguriamo che il tavolo tecnico sugli estimi catastali previsto dal ministero delle Finanze possa produrre utili indicazioni di cui il governo tenga conto».
Nel complesso, secondo un’elaborazione del Centro Studi di Confagricoltura, la manovra avrà complessivamente ricadute pesanti sul mondo agricolo; infatti, il decreto Monti brucerà il 10% del valore aggiunto prodotto in agricoltura e potrebbe mettere a rischio di chiusura oltre mezzo milione di aziende sotto i 20 ettari di superficie, creando una vera e propria emergenza sociale oltre che economica. Sono a rischio anche le imprese più grandi, più strutturate, più robuste in quanto gli ulteriori sacrifici richiesti si sommano ad una realtà di crisi che coinvolge l’agricoltura da anni, causata fra l’altro da una globalizzazione mai governata e da una instabilità politica e decisionale per il settore che ha visto alternarsi tre ministri nel giro di dodici mesi.
Per questo Confagricoltura aveva chiesto che fosse varata una manovra che non puntasse solo a drenare liquidità nelle campagne, ma desse prospettive di sviluppo, favorisse l’esportazione, rilanciasse i consumi, offrisse prospettive occupazionali. Invece tutto ciò non è avvenuto in quanto quello varato da Palazzo Chigi non può essere considerato un provvedimento improntato all’equità dal momento che, ad esempio, gli incentivi per l’IRAP non riguardano i redditi agrari e quelli per l’aiuto alla crescita economica delle imprese non si applicano alla stragrande maggioranza delle aziende che operano in agricoltura.
“La politica - ha aggiunto il presidente di Confagricoltura - usa l’agricoltura, con la sua produzione al cento per cento di alta qualità e il made in Italy alimentare, per rafforzare l’immagine del Paese, poi però la perseguita con un regime fiscale oppressivo, che il settore non è assolutamente in grado di reggere. Forse dobbiamo ricordare meglio al Governo e soprattutto all’opinione pubblica, che l’agroalimentare, nel suo insieme di agricoltura e industria di trasformazione, è il primo settore produttivo d’Italia ed è questa constatazione a rendere davvero impressionante il deficit di attenzione nei suoi riguardi”.
Per concludere è fuor di dubbio che il mondo imprenditoriale agricolo vuole dare il proprio contributo per risanare la situazione economica italiana, ma vuole e deve anche essere protagonista della ripartenza della crescita nazionale. Per questo non può essere escluso dalla seconda fase dell’azione di Governo riguardante proprio le misure di sviluppo e sostegno all’economia. Il legislatore, auspica il Presidente Coscia, si confronti con le organizzazioni agricole. In noi troverà interlocutori consapevoli e disponibili a costruire una proposta sostenibile.