Il permesso di produrre e vendere pane fresco consente alle imprese agricole di recuperare parte del valore aggiunto di cui non hanno mai beneficiato

29/09/2010

In relazione alla ''concorrenza sleale'', ventilata dai panificatori della Fippa, che contestano il decreto con cui si consente agli agricoltori di produrre e vendere pane fresco Confagricoltura commenta: “Il decreto ministeriale 212/2010 prevede che la produzione del pane e degli altri prodotti di panetteria freschi (e poi farina o sfarinati di legumi da granella secchi, di radici o tuberi o di frutta in guscio) siano, a tutti gli effetti, attività connesse a quella agricola (idem dicasi le produzioni del malto e della birra, ma anche della grappa). Questo permette un regime di tassazione più vantaggioso, calcolato sulla base del reddito agrario”.

 

“Finalmente - prosegue Confagricoltura - è stato definito che per avere un pane di qualità, così come una birra o una grappa,  sono necessarie materie prime di qualità, con una complementarietà importante che dà modo alle imprese agricole di ampliare l’offerta produttiva”.

 

Secondo Confagricoltura il provvedimento contestato dai panificatori “proietta l’agricoltura in una visione nuova, che spinge le imprese del settore ad impegnarsi in attività a valle della produzione agricola vera e propria, recuperando parte del valore aggiunto di cui non hanno mai beneficiato”.