Non è tutt'oro quel che luccica

09/02/2009
L’andamento della scorsa campagna di commercializzazione dei cereali ha visto le quotazioni di grano tenero, duro, mais e, in varia misura, degli altri prodotti vegetali agricoli raggiungere livelli di prezzo molto elevati con incrementi rispetto alle campagne precedenti di fortissima entità. Le ragioni di questa contingenza di mercato sono abbastanza note a tutti e risiedono soprattutto nell’aumento della domanda mondiale, concentrata nei paesi in via di tumultuoso sviluppo (Cina, India, paesi del Sud Est asiatico soprattutto). Cause pertanto non estemporanee ma, nel medio periodo, prevedibilmente stabili in attesa che la produzione agricola dei suddetti paesi possa soddisfare la richiesta interna. Una tale situazione di mercato ha indubbiamente migliorato l’asfittica situazione di mercato dell’ultimo decennio e ha forse illuso molti produttori su fortune prossime venture perlomeno dubbie. Le più elementari regole dell’economia insegnano che domanda ed offerta tendono ad equilibrarsi e che dove si creano margini di profitto altri attori entrano in gioco. Nel nostro caso la terra è un fattore limitante e un aumento di produzione non è facilmente conseguibile in tempi rapidi, ma l’aumento del costo degli altri fattori produttivi è inevitabile. Infatti abbiamo assistito al vorticoso incremento dei costi dei mezzi tecnici, dai carburanti ai fertilizzanti, dalle macchine ai servizi, che hanno eroso buona parte dei margini di guadagno; sono anche prevedibili aumenti dei costi fondiari quali affitti o acquisti di terreni ecc. Allargando poi l’analisi agli altri comparti agricoli, vediamo che l’incremento dei prezzi delle materie prime agricole sta mettendo in ginocchio le attività correlate quali, ad esempio, l’allevamento bovino e soprattutto suino, settori che stanno vivendo una crisi fortissima a causa dell’insostenibile pressione dei costi di produzione. Un ulteriore rischio legato a queste turbolente dinamiche di mercato è costituito dal fatto che gli sviluppi attuali portano acqua al mulino di chi chiede da tempo un ridimensionamento degli interventi a sostegno dell’agricoltura comunitaria che ad un’analisi superficiale e faziosa potrebbe sembrare oggi forte e capace di autosostenersi. Il produttore agricolo in questo teatro resta l’anello di gran lunga più debole e rischia di essere travolto. Le strategie di difesa devono perciò essere da subito perseguite strenuamente da tutta la categoria, rifuggendo da considerazioni miopi ed eccessivi personalismi. Occorrerà vigilare attentamente affinché le politiche comunitarie agricole e nazionali non subiscano modifiche rivoluzionarie ingiustificate e soprattutto cercare di rendere la posizione dell’agricoltore un po’ più forte sul mercato e nell’ambito della filiera. Sono anni che parliamo di queste cose, ma oggi più che mai appare necessario passare ad iniziative concrete. L’approvvigionamento di mezzi tecnici deve essere gestito in maniera oculata cercando di resistere ai ricatti commerciali dei fornitori, con acquisiti programmati e magari veicolati attraverso strutture collettive (cooperative e consorzi). Analogo discorso deve essere fatto per l’offerta di prodotto che deve essere concentrata e programmata per contrastare l’imprevedibilità del mercato. Come ho già ampiamente illustrato nel corso delle Assemblee di Zona, la mobilitazione della Confagricoltura a sostegno delle strategie di salvaguardia del reddito delle imprese agricole è forte e viene attuata senza tentennamenti. Chiedo a tutti i colleghi agricoltori di affiancare l’Organizzazione in questa azione con proposte e partecipazione. Gian Paolo Coscia Presidente