Proteste sulle misure del Decreto ridefinito “ammazza-agricoltura”

01/02/2012

Siamo entrati nel 2012 con il nostro fardello di problemi irrisolti sia come cittadini sia come agricoltori. La crisi attanaglia l’economia uropea che sta tentando di reagire con misure più o meno drastiche e più o meno riuscite.
Abbiamo terminato le assemblee di zona e ve ne raccontiamo all’interno del giornale, qui voglio solo ritornare su un argomento che ho già affrontato in tutti i miei interventi assembleari.
Molti dei contributi offerti da chi ha voluto intervenire in assemblea (a tutti il mio personale ringraziamento per la partecipazione) hanno messo l’accento sulla sensazione di essere vessati in quanto agricoltori dallo Stato con la sua burocrazia insostenibile e in particolare dalle nuove misure riservate al settore dal decreto salva-Italia da noi ribattezzato “ammazza-agricoltura”.
Alcuni hanno chiesto di scendere in piazza per urlare la nostra rabbia contro l’ingordigia del Governo nei confronti di un settore che ha già l’acqua alla gola.
I telegiornali d’altro canto ci mostrano quotidianamente immagini di proteste: autotrasportatori, taxisti, pescatori ed anche nostri colleghi agricoltori di regioni del Sud. In prospettiva, a rotazione, molte delle categorie toccate dalle misure governative potrebbero scendere in piazza.
Noi vogliamo per ora percorrere la strada del confronto con le istituzioni e della forza del ragionamento, consapevoli dell’assoluta fondatezza delle nostre contestazioni alle “odiose” misure.
Riteniamo che le proteste di piazza siano inflazionate proprio dal proliferare senza controllo di iniziative a volte di dubbia matrice e che il rischio di non essere capiti dall’opinione pubblica sia molto alto.
Le manifestazioni o sono simboliche: ordinate, corrette, limitate nel tempo ed in questo caso, nelle condizioni attuali dell’Italia, oppure sono solo fastidiose per chi si trova accidentalmente coinvolto e non fanno nessuna pressione su chi deve decidere. Altrimenti sono veramente forti, bloccano i mercati e tutta la filiera agroalimentare e forse fanno davvero male alle istituzioni e soprattutto alla cittadinanza ma oggi sarebbero capite? Non rischiano di essere confuse col fastidioso mugugno di fondo che ascoltiamo ogni giorno. Senza la solidarietà della gente comune ogni protesta viene vanificata e si ritorce contro chi la porta avanti. E non dimentichiamo che, come ha affermato recentemente un noto commentatore politico, l’italiano medio ascolta sempre
malvolentieri chi protesta.
In questa fase quindi preferiamo l’azione di lobby, nell’accezione migliore del termine. Convincere cioè con i fatti, con i numeri e con i ragionamenti l’amministrazione e la politica delle nostre sacrosante ragioni, ottenendo anche, ci si augura, la simpatia dell’opinione pubblica, preziosa alleata nella difesa di tutte quelle misure di sostegno al settore agricolo, oggi più che mai vitali ed irrinunciabili.
Solo se il mondo politico ed il Governo in particolare si dimostreranno sordi alle nostre proposte e assumeranno un atteggiamento di totale chiusura, rifiuteranno ogni modifica agli interventi più penalizzanti ed iniqui della manovra finanziaria varata, e soprattutto se non saranno introdotti gli strumenti di sviluppo e rilancio del settore, allora sì che sarà il momento della protesta attiva e rumorosa. Consapevoli però che un’opposizione attiva richiede impegno, investimento di tempo e forse anche di denaro, come le manifestazioni dei giorni scorsi degli agricoltori siciliani hanno dimostrato.
Voglio ad esempio ricordare, come ho già fatto nel corso delle assemblee di zona, che in occasione delle ultime manifestazioni di protesta che abbiamo organizzato, i pullman sono stati riempiti con notevole fatica grazie alla disponibilità di volonterosi colleghi agricoltori che hanno tuttavia rappresentato una piccola percentuale di quelli contattati ed invitati dai nostri uffici.
Dico questo perché l’”armiamoci e… partite” non può funzionare e non è accettabile. Quindi ogni iniziativa di protesta dura deve essere, ripeto, l’extrema ratio, deve avere un bilancio benefici/costi (costi per noi e per il nostro paese) positivo e, quando decisa, deve essere condotta con assoluta determinazione ed unitarietà. Solo così può avere successo e portare i risultati voluti. Sono tuttavia convinto che i margini per la trattativa e per il negoziato siano ancora ampi e che la nostra attuale azione, soprattutto se condivisa anche da tutte le altre forze rappresentative del mondo agricolo, abbia buone probabilità di ottenere quanto sperato.
Gian Paolo Coscia