Impianti fotovoltaici: profili fiscali e catastali

07/03/2014

Con la circolare n. 36/E/2013, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una panoramica generale degli aspetti catastali e fiscali riguardanti la realizzazione e la gestione degli impianti fotovoltaici e del trattamento fiscale del Conto Energia.
Ai fini dell’accatastamento, l’ufficio è tornato sulla “spinosa” questione della classificazione dei beni, specificando che a tali fini non rileva la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano essere posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento, ma la capacità dell’impianto fotovoltaico di produrre un reddito autonomo caratterizzante l’unità immobiliare a cui appartiene.
Pertanto, gli Uffici Provinciali devono accertare gli immobili che ospitano i medesimi impianti, indagando, ai fini della determinazione della relativa rendita catastale, sulla correlazione che sussiste tra immobile e, in generale, quelle componenti impiantistiche rilevanti ai fini della sua funzionalità e capacità reddituale, a prescindere dal mezzo di unione utilizzato.
In base a tale principio l’Agenzia del Territorio, con Ris. n. 3/T/2008, ha assimilato gli impianti fotovoltaici alle centrali elettriche e vanno, conseguentemente, accertati catastalmente nella categoria “D/1 opifici” .
Tuttavia ai fini fiscali, l’Agenzia delle Entrate, prima dell’unificazione con l’Agenzia del Territorio, in più occasioni, ha qualificato alcuni impianti fotovoltaici come beni mobili, in quanto caratterizzati dal requisito dell’amovibilità.
Più in particolare, con circolare n. 46/2007 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce un impianto fisso al suolo, in quanto normalmente i pannelli solari che lo compongono possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità: interpretazione confermata peraltro nella successiva circolare n. 38/2010.
Con la circolare n. 36/E, in commento, l’Agenzia delle Entrate ritorna sui propri passi, affermando che le indicazioni contenute nei precedenti documenti di prassi, in base ai quali gli impianti fotovoltaici sono qualificabili come beni mobili, sono state espresse esaminando i casi di impianti dotati di facile amovibilità, senza che l’eventuale spostamento comportasse il sostenimento di costi rilevanti.
Pertanto, in conseguenza dell’incertezza che tale indirizzo ha comportato, fornisce gli opportuni chiarimenti diretti ad uniformare i comportamenti degli uffici e degli operatori. In particolare, viene precisato che:
• gli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accatastati nella categoria D1- “Opifici” e nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in quanto ne determinano il carattere sostanziale di centrale elettrica;
• le installazioni fotovoltaiche poste su edifici e quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non devono essere accatastate autonomamente, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili. Sussiste, tuttavia, la necessità di procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare a cui risulta integrato, qualora l’impianto fotovoltaico incrementi nella misura del 15% o superiore il relativo valore capitale o la redditività ordinaria;
• gli impianti di modesta entità (ad esempio quelli domestici), non devono essere accatastati e non comportano l’insorgere di alcun obbligo in capo al soggetto interessato.
Su quest’ultimo punto vengono precisati quali devono essere considerati di “impianti di modesta entità”, cioè quelli che soddisfano almeno uno dei seguenti requisiti:
— la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt, per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso;
— la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano;
— per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento è inferiore ai 150 metri cubi.
Ciò posto, in considerazione delle diverse indicazioni fornite con i predetti documenti di prassi e del generalizzato clima di “confusione” creato, l’Agenzia precisa che devono ritenersi salvi i comportamenti tenuti dai contribuenti, ai fini delle imposte dirette ed indirette, sulla base delle stesse indicazioni.
Con riferimento agli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici su fondi agricoli, l’Agenzia, nel richiamare la circolare n. 32/E del 6 luglio 2009, con cui sono stati individuati gli specifici criteri di connessione dell’attività di produzione di energia elettrica con l’attività agricola svolta sul fondo, ha precisato che deve essere riconosciuto il carattere di ruralità quando si riscontri l’esistenza dell’azienda agricola, cioè la presenza di terreni e fabbricati che congiuntamente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola.
L’esistenza dell’azienda agricola, presuppone che il fondo deve avere una superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati (fatta eccezione per le zone montane dove tale limite è ridotto a 3.000 metri quadrati), fermo restando che le particelle interessate debbono essere iscritte al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario.
Agli immobili ospitanti le installazioni fotovoltaiche strumentali alle attività agricole per connessione alle stesse, va attribuita la categoria D/10 “ fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole” ed andrà allegata l’apposita autocertificazione, contenente le informazioni attestanti il possesso dei requisiti di ruralità.
Per quanto riguarda la rappresentazione in mappa degli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici, nel caso di impianti a terra, si dovrà utilizzare una linea tratteggiata e con una nuova particella da riportare nel catasto fabbricati, qualora la superficie sottostante sia utilizzabile per lo svolgimento di attività agricole.
Nel caso, invece, in cui sull’area ospitante l’impianto fotovoltaico non sia possibile lo svolgimento di attività agricole, si procede al frazionamento della particella catastale individuando con linea continua il perimetro esterno dell’impianto fotovoltaico.
Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia conferma la deducibilità del costo dell’impianto in base allo stanziamento delle quote di ammortamento, rispettivamente nella misura del 9%, quando è qualificato come bene mobile, e nella misura del 4%, quando rientra nella categoria degli immobili.
Con la circolare in commento, l’Agenzia disamina anche i casi di costituzione di un diritto di superficie su immobili, precisando che ai fini del trattamento fiscale da applicare al corrispettivo conseguito a seguito della cessione di tale diritto valgono le disposizioni per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento; nello specifico andando a “modificare” i precedenti chiarimenti, l’Ufficio giunge alla conclusione che, nel caso in cui la concessione del diritto di superficie si realizzi in mancanza di un precedente acquisto di tale diritto a titolo oneroso, i corrispettivi percepiti dal titolare del fondo generano plusvalenza e quindi devono essere tassati.
È già stato richiesto formalmente agli uffici competenti della stessa Agenzia di rivedere tale assetto interpretativo in quanto non conforme ai dettami del TUIR ed inoltre, in ossequio al principio della tutela dell’affidamento e della buona fede, dichiarare quantomeno salvi i comportamenti tenuti fino ad ora dai contribuenti, in merito all’inquadramento della costituzione dei diritti di superficie tra le fattispecie imponibili solo nel caso di vendita nei cinque anni successivi all’acquisto.
I nostri Uffici Zona sono a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito.

Marco Ottone