Prezzi in picchiata

02/05/2012

Analizzando i dati resi noti da ISTAT e ISMEA relativi all’andamento
dei prezzi di vendita all’ingrosso e di acquisto dei fattori produttivi, dobbiamo fare alcune considerazioni e riflessioni,purtroppo, come consuetudine recente,molto preoccupate.
Se per il settore industriale l’andamento dei prezzi su base annua,
seppur in frenata, evidenzia comunque un aumento medio del 2,7%, a copertura almeno dell’andamento ufficiale dell’inflazione,per il settore agricolo notiamo una generalizzata diminuzione. I cereali,a livello nazionale, confrontando i mesi di marzo 2011 e 2012, manifestano un calo medio del 12%, ma esaminando i mercuriali della Camera di Commercio di Alessandria per alcuni prodotti di larga diffusione (grano e mais) vediamo diminuzioni superiori al 20%.
La frutta perde il 13% ed anche latte ed animali vivi scontano ribassi di alcuni punti percentuali.
Da una parte dunque diminuzione dei ricavi, dall’altra, siamo quasi
stufi di sottolinearlo, aumento dei costi, presente per tutti i fattori ma
particolarmente critico sul costo del lavoro, dei carburanti e del denaro
(con tutte le complicazioni della stretta creditizia che viviamo
quotidianamente) e l’incremento del carico fiscale, con la tristemente
nota IMU che colpisce i fabbricati strumentali prima non soggetti all’ICI.
La differenza di andamento fra costi e ricavi si allarga sempre
più e ormai in quasi tutti i settori agricoli la possibilità di chiudere un
bilancio in pareggio resta un’utopia.
Questa situazione non deve però abbatterci, anche se la tentazione
di mollare tutto, in alcuni di noi, può essere forte. Abbiamo già
espresso in altre occasioni, la necessità di rivendicare l’orgoglio di
essere agricoltori. In un mondo sempre più terziarizzato, dobbiamo
ricordare a tutti che il settore terziario, i servizi, proprio in quanto
servizi, esistono e vivono se, e solo se, esiste un’economia produttiva
da “servire”. Se questa muore o langue, tutta la società, compresi
burocrati, amministratori e politici, rischiano la paralisi.
Dunque, a gran voce, rimettiamo l’accento sull’importanza di essere
agricoltori, quelli che danno da mangiare alla gente, e che, insieme
al settore industriale, con la loro produzione e con il loro valore aggiunto, consentono alla maggioranza della popolazione, che si occupa
di servizi, di vivere. Se l’agricoltura cresce, cresce anche
l’Italia, e viceversa. Nessuno deve dimenticarlo.
Il settore primario ha bisogno di un volano per ripartire, cioè di una
politica, di idee che consentano questa ripresa.
Al contrario ci troviamo davanti a strategie, a livello nazionale e comunitario, che tendono a far stagnare ancor più la situazione e ad
allontanare la ripresa. Bisogna far crescere la competitività, favorire
la propensione all’export ed equilibrare i rapporti di filiera. Queste
sono le raccomandazioni che Confagricoltura esprime ormai ad
ogni occasione di incontro pubblico. Questi obiettivi non devono
però rimanere slogan, fintamente condivisi, a parole, da tutti ma
ignorati o traditi nei fatti, da ogni ipotesi di riforma. Devono diventare
patrimonio comune delle parti sociali proprio per quanto detto
prima: un’agricoltura forte e giustamente redditizia conviene davvero
a tutti.