ELEZIONI REGIONALI 2010 - Le proposte di Confagricoltura Piemonte per una politica regionale in campo agricolo

03/03/2010
Nell’approssimarsi delle elezioni regionali di marzo 2010, Confagricoltura propone alle forze politiche che si candidano a governare il Piemonte alcune linee di intervento per una politica regionale in campo agricolo improntata principalmente all’esigenza di rispondere alle attese delle imprese, impegnate in un confronto su scala globale di durezza senza precedenti, che ne minaccia la stessa sopravvivenza. Le priorità di seguito indicate, ad avviso di Confagricoltura, devono perciò costituire una caratteristica imprescindibile del programma di governo della prossima amministrazione regionale. La competitività del sistema produttivo agricolo La crisi che ha investito l’economia mondiale nell’ultimo biennio non ha risparmiato gli imprenditori agricoli piemontesi, ai cui redditi ha inferto un taglio superiore al 20 per cento, essenzialmente a causa della caduta dei prezzi all’origine e del contestuale aumento dei costi di produzione. “Alla gravità di questa situazione la Regione deve opporre una propria azione strategica di lungo respiro, mirata al rafforzamento della capacità competitiva del sistema produttivo agricolo del Piemonte” commenta il presidente provinciale nonchè vice presidente regionale di Confagricoltura Gian Paolo Coscia. A partire dagli incentivi per investimenti e sviluppo, che devono puntare innanzitutto a rilanciare le imprese colmando il gap di competitività che penalizza la maggior parte delle nostre produzioni primarie, costituite dalle grandi colture da campo (mais, grano, riso), sottoposte alla forte concorrenza di quelle provenienti da aree caratterizzate da bassi costi di produzione. In questa prospettiva, vanno valorizzate le forze propulsive dell’economia agricola, che sono in prima battuta gli imprenditori agricoli, animatori della crescita e dello sviluppo “dal basso”, favorendo le libere scelte imprenditoriali. Un esempio può venire dai temi quali l’utilizzo delle biotecnologie e la produzione di energia rinnovabile, senza che ad essi faccia schermo il pregiudizio ideologico. L’energia ricavata dalle biomasse è sicuramente una delle fonti rinnovabili più interessanti per le filiere agricole, soprattutto perché determina una ricaduta immediata sulle aree di produzione e può costituire un’alternativa colturale e produttiva per i settori maggiormente in affanno sui mercati. Così, accanto ad alcune linee di produzione e di impianti che si stanno sviluppando in connessione con gli allevamenti zootecnici (produzione di biogas in digestori che combinano le biomasse agricole con i liquami zootecnici), sta crescendo anche l’attenzione verso la produzione di biogas alimentata da biomasse prodotte in coltivazioni specifiche e specializzate. Tra le possibili innovazioni per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili, vi sono certamente le coltivazioni biotech, che garantiscono interessanti potenzialità di sviluppo ai fini dell’implementazione di un modello agroenergetico con elevate prospettive di crescita dal punto di vista economico. Le risorse idriche “Un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura piemontese lo giocano anche le risorse idriche il cui impiego va ammodernato e razionalizzato, soprattutto per poter utilizzare questa risorsa meglio e più volte al servizio dell’agricoltura, degli usi civili e degli altri usi produttivi” aggiunge Gian Paolo Coscia. Il problema è soprattutto quello dell’efficienza di reti, opere di accumulo e distribuzione. Purtroppo il Piano di tutela delle acque della Regione Piemonte, di fatto, tende a ostacolare la costruzione di nuovi invasi, che è invece assolutamente necessaria per diversificare le fonti di approvvigionamento idrico. Il Programma di sviluppo rurale Strumento chiave di questa strategia politica di indirizzo è sicuramente il Programma di sviluppo rurale. Abbiamo ormai superato il primo “giro di boa” dell’attuale periodo di programmazione 2007-2013 (la scadenza del primo triennio) ed alcuni elementi di valutazione sono già emersi. Della dotazione complessiva di poco inferiore al miliardo di euro, l’avanzamento della spesa a fine 2009 fa registrare un modesto 12 per cento (poco più di 100 milioni di euro nel primo triennio) e ad oggi appena poche decine di imprenditori agricoli hanno percepito i contributi per l’ammodernamento delle aziende agricole e per l’insediamento dei giovani, interventi che rappresentano le misure portanti per lo sviluppo delle imprese e per la crescita della competitività. “Occorre, poi, tarare le misure in funzione delle reali esigenze delle imprese, evitando l’utilizzo di risorse a favore di altri soggetti. Lo stesso sostegno allo sviluppo delle filiere va subordinato all’effettivo impegno da parte dell’industria di trasformazione a mantenere un concreto legame con il territorio e con l’agricoltura locale” sottolinea il presidente di Confagricoltura Alessandria Coscia. D’altro canto, lo scarso appeal delle misure che incentivano un generico mondo rurale, diverso da quello delle imprese, dovrebbe suggerire di puntare soprattutto sugli imprenditori, veri protagonisti del mondo agricolo in tutti i sensi. Infine, va anche reso più rapido e snello il processo di presentazione-valutazione-liquidazione delle domande, che ancora appesantisce e rallenta le erogazioni dei finanziamenti. A questo proposito, nonostante il recupero in termini di efficienza da parte dell’Organismo pagatore regionale, permangono ancora molte criticità nella gestione complessiva dei pagamenti a favore del settore agricolo. Quando, invece, la regolarità nell’erogazione dei sostegni, sia della Pac sia del Psr, potrebbe costituire una delle condizioni basilari per rendere meno pesanti i bilanci aziendali, in un contesto di crisi generalizzata per tutti i comparti produttivi. La promozione di consumi e scambi Considerando che proprio questa crisi è stata caratterizzata da un sensibile calo della domanda, interna ed estera, occorre anche rilanciare l’attività di promozione dei consumi e degli scambi. La Regione, a questo riguardo, può e deve esercitare un ruolo importante, evitando però il principale aspetto negativo che caratterizza da lungo tempo le politiche promozionali: la dispersione e la polverizzazione, che fanno perdere efficacia alle iniziative. Così come va ricondotta, per quanto possibile a livello regionale, quella progettazione dell’attività promozionale che oggi coinvolge ancora troppi altri soggetti, pubblici e privati, a livello sub-regionale. Il decentramento amministrativo A proposito di enti sub-regionali, l’esperienza ormai decennale del trasferimento in capo agli enti locali (essenzialmente Province e Comunità montane) dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura ha confermato il rischio concreto di un’eccessiva differenziazione delle politiche agricole che, a sua volta, determina disparità di trattamento tra le imprese agricole. Una situazione che occorre evitare, recuperando maggior equilibrio tra le esigenze di autonomia e il coordinamento degli interventi, al fine di conseguire uno sviluppo omogeneo e diffuso dell’agricoltura della regione. “Le politiche regionali per l’agricoltura devono poi avere al centro dei propri obiettivi l’impresa agricola anche per quanto riguarda il credito - superando la “stretta” dovuta alla crisi economico-finanziaria e premiando le idee imprenditoriali, il merito e il talento - nonché gli incentivi per la ricerca e l’innovazione, ma anche la connessa attività di divulgazione e assistenza tecnica. In questo ambito, va ritrovato quell’anello di congiunzione tra mondo della ricerca e imprese, collegando più strettamente l’attività di chi sviluppa progetti di ricerca a quanto occorre davvero per migliorare la competitività delle imprese stesse” dichiara fermamente Coscia. La semplificazione Su tutto, anche a livello regionale, occorre intraprendere iniziative volte a semplificare gli oneri burocratici posti a carico dell’imprenditore agricolo. L’impatto della burocrazia si manifesta oggi troppo spesso in maniera pervasiva nell’attività imprenditoriale e ne ostacola lo sviluppo. Occorre rammentare come per un’impresa di medie dimensioni siano oltre 100 le giornate lavorative dedicate alle attività burocratiche legate agli adempimenti di varia natura richiesti dalle norme in vigore. Questo carico va ridotto in ogni modo, razionalizzando le procedure, evitando sovrapposizioni di adempimenti ed adottando le nuove tecnologie informatiche in maniera più diffusa. Infine, sul piano generale, occorre costruire le politiche in campo agricolo insieme con le rappresentanze delle imprese, mediante una vera procedura di concertazione e istituzionalizzando i momenti di consultazione e confronto. “Occorre anche realizzare una piena integrazione delle politiche agricole con le altre politiche, da quelle destinate ad altri settori produttivi a quelle ambientali, delle infrastrutture (prioritario, a questo riguardo, il potenziamento dei collegamenti viari e ferroviari), della formazione e conoscenza, della sicurezza sul lavoro. Ovviamente un’integrazione che invece di emarginare e penalizzare le politiche per l’agricoltura, le integri e le valorizzi insieme al ruolo delle campagne e delle imprese “ conclude Gian Paolo Coscia.