LA RIFORMA DELLA PAC

09/10/2013

Con i recentissimi accordi politici che hanno risolto i problemi residui, si è conclusa la fase preparatoria “comunitaria” del percorso di riforma a cui seguirà a breve la formalizzazione in regolamenti applicativi. Da qui inizia la fase di applicazione delle norme nei singoli stati membri che, come vedremo, hanno ampi margini opzionali tali da rendere il risultato dell’applicazione delle norme comunitarie molto variabile a seconda delle scelte effettuate. E’ perciò opportuno che le analisi ed il confronto all’interno del nostro paese inizino subito, per consentire entro il termine ultimo di agosto 2014, ma possibilmente anche prima, di adottare scelte meditate ed efficaci per l’agricoltura produttiva italiana. Cercheremo ora di focalizzare le principali questioni da affrontare esponendo le prime riflessioni ed opzioni politiche su cui confrontarsi per avviare il dibattito e giungere poi ad una definizione delle linee sindacali.

PAGAMENTI DIRETTI
Il regolamento sui pagamenti diretti è quello che maggiormente comporterà l’espressione di scelte nazionali. Il legislatore comunitario ha infatti completamente “riscritto” il regime vigente e lo ha arricchito di tantissime opzioni da decidere a livello di Stato membro. L’aspetto centrale del nuovo regime dei pagamenti diretti riguarda il superamento del metodo di calcolo dei pagamenti su base storica. In via generale dal 2015 i pagamenti di base dovranno essere uniformi a livello nazionale. Lo Stato membro ha tuttavia la possibilità di suddividere il territorio nazionale in aree omogenee (“regioni”) calcolando un pagamento unico differenziato per ciascuna area. Può anche non applicare da subito, nel 2015, il pagamento unico ma adeguare gradatamente i premi storici dei singoli beneficiari (prendendo a riferimento o il valore dei titoli detenuti nel 2014 o in alternativa, il valore dei pagamenti ricevuti sempre nel 2014) in maniera da raggiungere il pagamento unico (nazionale o regionale) entro il 2019 con quattro riduzioni lineari (“convergenza”). Può infine avvicinare gradualmente dal 2015 al 2019 i premi storici dei beneficiari al valore di pagamento unico nazionale o regionale, senza però raggiungere il livello medio nel 2019 (“convergenza parziale”) ma limitandosi a:
• garantire a chi ha un pagamento inferiore al 90% della media almeno il 60% del valore medio;
• assicurare a chi ha un pagamento superiore alla media, un calo massimo dei premi spettanti del 30%. Sono quindi queste le prime tre opzioni sulle quali riflettere.
1. Calcolare un premio unico nazionale o regionale? E’ evidente che l’adozione di un premio nazionale accentua il carattere ridistributivo tra territori della riforma. Viceversa, una ripartizione tra aree omogenee, conserva differenze di premio fra le varie “regioni”. Ne discende che le aree con premio medio inferiore alla media preferiranno una scelta “nazionale”; viceversa le aree con premio medio più elevato della media troveranno conveniente un’opzione “regionalizzata”. E’ già in corso un dibattito sull’opportunità di ripartire il premio medio sulla base delle regioni amministrative. Questo metodo può portare a differenze anche notevoli tra regione e regione, come si evince da una proiezione dell’Inea che ha ripartito il budget proporzionalmente all’ammontare di pagamenti storici assegnati a ciascuna regione. In luogo del pagamento medio nazionale di circa 290 euro/ha, i valori regionali oscillano con forte varianza attorno alla media, da un minimo di circa 50 eur/ha (Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige) sino a quasi 500 eur/ha rispettivamente per Veneto, Lombardia e Calabria. Naturalmente prendendo a riferimento parametri differenti per la ripartizione del budget tra Regioni si perviene a valori medi regionali diversificati. Il Piemonte avrebbe un valore medio di circa 318 €/ha, per cui la nostra provincia con i suoi valori storici di base potrebbe mantenere un valore medio che non si differenzia molto fra le due opzioni di scelta (nazionale o regionale).
2. Applicare il pagamento unico da subito nel 2015 oppure la “convergenza”? In questo caso, la scelta in favore della “convergenza” limita la ridistribuzione dei pagamenti non già tra territori, come per la regionalizzazione, ma tra i beneficiari con pagamenti storici elevati e gli altri con pagamenti inferiori. Limitatamente ai primi quattro anni di applicazione della riforma, visto che dal 2019 i pagamenti di base si allineeranno ad un identico valore.
3. Applicare il pagamento unico da subito nel 2015 oppure la “convergenza parziale”? Lo Stato membro può optare anche per il non raggiungimento del premio unico e limitarsi a garantire un pagamento di base pari al 60% della media e limitando al 30% la perdita dei produttori storici con pagamento più elevato. In questo caso si privilegia ancora di più chi storicamente (nel 2014 in particolare) aveva pagamenti più elevati. Ovviamente di converso si limita il vantaggio dei produttori con pagamenti storici inferiori alla media. Le modalità con cui si sceglierà la regionalizzazione (quindi il fatto se si avrà un solo o più pagamenti unici) e la eventuale convergenza, sono i punti nodali dell’attuazione della riforma. Forse anzi l’elemento da definire per primo per far discendere successivamente le ulteriori decisioni che riguarderanno i vari settori e i vari territori. Nel prossimo numero del giornale analizzeremo in dettaglio le varie altre scelte opzionali rappresentate da: adozione delle componenti facoltative nella definizione del premio a strati; definizione di agricoltore attivo ed esclusioni dal regime; plafonamento e degressività dei contributi; definizione della componente ambientale (greening).

Roberto Giorgi

Area economica
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ROBERTO GIORGI