LA ROTAZIONE DELLE COLTURE NELLE NUOVE MISURE AGRO-CLIMATICO-AMBIENTALI

10/12/2015

Il nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 è stato finalmente approvato. Le misure agro-climatico-ambientali sono un capitolo importante del PSR cui vengono dedicate risorse pari a 289 milioni di euro da spendere entro il 2020. Tra queste, la “nuova” 2078 – che si chiamerà impegno M 10.1.1 – prevede tra i vari impegni anche l’avvicendamento delle colture; non si tratta di una novità: questo obbligo di rotazione è antico quanto questi interventi, essendo in vigore fin dal 1995.
Da allora le norme di rotazione non hanno subito particolari modifiche; con il nuovo PSR le regole di rotazione delle colture si sono un po’ rafforzate, pur prevedendo alcune semplificazioni.
Il Settore Fitosanitario Regionale – estensore di disciplinari di produzione integrata piemontesi (sulla base delle decisioni assunte a questo proposito a livello nazionale) – ritiene l’avvicendamento colturale strumento importante per consentire il contenimento dei patogeni terricoli, il miglioramento delle caratteristiche fisiche del terreno, la semplificazione ed una migliore efficacia dei mezzi di lotta contro le erbe infestanti e gli insetti dannosi. D’altra parte la rotazione agraria è concetto basilare dell’agronomia classica e noi non possiamo che essere d’accordo su quanto affermato dalla Regione e dall’agronomia.
Sarebbe anche però importante avere un occhio di riguardo per alcune scelte economiche che le imprese agricole devono fare nel momento in cui decidono un piano colturale (ma evidentemente questo aspetto non viene ritenuto tale per chi in Italia – e in Piemonte – deve assumere decisioni in campo agricolo quali l’avvicendamento nel PSR).
Ma andiamo per ordine: prima una doverosa premessa a scanso di equivoci.
In questo articolo si parla di avvicendamento/ rotazione delle colture sullo stesso terreno in anni o in cicli colturali consecutivi. Non bisogna confondere la rotazione/ avvicendamento con la diversificazione richiesta dal greening: la diversificazione è, infatti, la presenza in uno stesso anno, su terreni diversi, di almeno 2 o 3 colture differenti, nel rispetto di particolari parametri in base alla superficie delle colture a seminativo e ad altri concetti (botanici, temporali, territoriali, ecc.) che chi fa la “PAC” conosce molto bene.
E veniamo all’avvicendamento/ rotazione per le aziende aderenti all’impegno M10.1.1: bisogna rispettare una rotazione quinquennale che prevede che ogni particella catastale nei 5 anni d’impegno ospiti almeno 3 colture e al massimo 1 ristoppio per ciascuna coltura.
Un semplice esempio (se ne possono fare milioni):
– 1° anno grano;
– 2° anno mais;
– 3° anno mais;
– 4° anno grano;
– 5° anno colza: si succedono tre colture (grano – mais – colza) con al massimo un ristoppio (il mais viene ristoppiato il 2° e il 3° anno).
A questo punto sono necessarie alcune precisazioni:
• i cereali a paglia autunno vernini (grano tenero, grano duro, orzo, avena, segale, triticale) sono considerati ai fini dell’avvicendamento una sola coltura. Quindi la successione grano-orzo-grano (in 3 anni consecutivi) non è mais ammissibile;
• erbai (ad esempio il loietto): per il PSR hanno durata di un anno;
• il riposo (set-aside) è considerato una coltura;
• le foraggere pluriennali devono essere seguite da una coltura diversa (per il PSR dopo la rottura di un prato di erba medica occorre seminare una coltura diversa - cereale, oleaginosa…);
• per le colture orticole a ciclo breve (esempio: insalate) è ammissibile la ripetizione di più cicli nello stesso anno sullo stesso terreno; ciascun anno con cicli ripetuti viene considerato come un anno di coltura. La successione di colture orticole a ciclo breve appartenenti a famiglie botaniche diverse sullo stesso terreno nello stesso anno sono considerate sufficienti al rispetto del vincolo dell’avvicendamento; lo stesso qualora tra due coltivazioni di una stessa orticola a ciclo breve, eseguiti a distanza di almeno 60 giorni l’uno dall’altro;
• le colture in serra sono svincolate dall’obbligo di rotazione a patto che almeno ad anni alterni vengano impiegati strumenti non chimici di contenimento delle avversità (innesti erbacei, solarizzazione, impiego di piante biocide).
Questa norma di base (con le sue precisazioni) prevede anche deroghe per situazioni particolari e ulteriori limitazioni per alcune colture dal profilo fitopatologico più complesso. Veniamo alle deroghe: la Regione prevede 5 casi (definiti A – B – C – D – E) nei quali è consentito ricorrere a un modello di successione che nel quinquennio preveda 2 sole colture e consenta al massimo un ristoppio per coltura (quindi a titolo di banale esempio: 1° anno cereale a paglia; 2° anno cereale a paglia; 3° anno coltura diversa; 4° anno cereale a paglia; 5° anno coltura uguale a quella del 3° anno). Viene reso anche possibile avere due ristoppi per una stessa coltura a condizione che la coltura inserita tra i due ristoppi sia di famiglia botanica diversa (sempre con un banale esempio: 1° anno cereale a paglia; 2° anno cereale a paglia; 3° anno colza/soia/girasole; 4° anno cereale a paglia; 5° cereale a paglia).
Ecco ora i 5 casi:
CASO A: aree individuate come collinari o montane: in poche parole, terreni che per il PSR sono in collina o in montagna (è un dato che non è legato alla pendenza o all’altitudine, ma al riconoscimento ufficiale che questi suoli sono in collina o in montagna; questo è un dato che è contemplato nel fascicolo).
CASO B: orticole ad indirizzo intensivo: asparago, basilico, bietola rossa e bietola da coste, cardo, cavolfiore, cavoli (verza, cappuccio, cavolo rapa), cece, cetriolo, cicorie (cicoria, indivia, scarola, radicchio), cocomero, fagiolino da consumo fresco, fagiolo da consumo fresco, finocchio, fragola, lattuga, melanzana, melone, peperone, pisello da consumo fresco, pomodoro da mensa (non da industria che è considerato coltura estensiva), prezzemolo, sedano, zucca e zucchino (colture queste, tutte contenute nei disciplinari regionali del 2014; siamo in attesa che vengano elencate le orticole intensive ai sensi del nuovo PSR).
CASO C: in aziende viticole o frutticole qualora la superficie a seminativo non superi il doppio di quella viticola o frutticola e sia inferiore a 5 ettari.
CASO D: le cosiddette valbe (particolari rotazioni in risaia del vercellese).
CASO E: in presenza di colture erbacee di durata pluriennale (prati, medicai).
Queste le deroghe; ma come detto, in alcuni casi sono previste ulteriori limitazioni:
1) aglio – può tornare sullo stesso terreno dopo due anni di colture diverse: è ammesso il ristoppio ma poi su quel terreno l’aglio può tornare solo dopo 4 anni;
2) asparago – tra due cicli di asparago occorre un intervallo di 4 anni; inoltre l’asparago non può seguire patata, erba medica, carota e barbabietola (rischi di “mal vinato”);
3) cipolla – può tornare sullo stesso terreno dopo due anni di colture diverse: è ammesso il ristoppio ma poi su quel terreno la cipolla può tornare solo dopo 4 anni;
4) patata – può tornare sullo stesso terreno dopo due anni di colture diverse: è ammesso il ristoppio ma poi su quel terreno la patata può tornare solo dopo 4 anni; non può essere preceduta da una solanacea (pomodoro, melanzana, peperone);
5) pomodoro da mensa in serra – non è ammesso il ristoppio; l’obbligo della rotazione però non si pone se almeno ad anni alterni vengano impiegati strumenti non chimici di contenimento delle avversità (innesti erbacei, solarizzazione, impiego di piante biocide);
6) pomodoro da industria e da mensa a pieno campo – non è consentito il ristoppio; in alternativa dopo due cicli di pomodoro si deve rispettare un intervallo di almeno 3 anni senza pomodoro. Il pomodoro non deve seguire altre solanacee (patata, melanzana, peperone);
7) riso – è ammessa la monosuccessione per 5 anni; è auspicabile, per migliorare la lotta alle malerbe, introdurre una rotazione con altre colture o alternare semina in asciutta con quella in sommersione.
Infine, per le colture arboree i disciplinari sconsigliano il reimpianto, che viene ammesso solo se il terreno viene applicato almeno uno dei seguenti interventi:
a) lasciare a riposo il terreno per un congruo periodo durante il quale praticare una coltura estensiva o un sovescio;
b) asportare i residui colturali;
c) effettuare una concimazione organica sulla base delle analisi del terreno;
d) sistemare la piante in posizione diversa da quella occupata dalle precedenti.
Per la vite, invece, per la quale le norme prevedono un anno di riposo tra estirpo e reimpianto e l’osservanza di almeno una delle norme di cui sopra previste per le colture arboree, siamo già intervenuti presso la Regione perché sia consentito un reimpianto senza rispettare l’anno di riposo, ma garantendo che vengano rispettati almeno due degli interventi sopra descritti (a-b-c-d). La risposta si attende al più presto, previa approvazione del Comitato Nazionale.
Interverremo anche perché sia possibile mitigare le severe norme sulle colture orticole (aglio, cipolla, patata e pomodoro).

Marco Visca