Decreto legislativo 8 aprile 2010

05/08/2010

Riprendiamo l’analisi degli agricoli del DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2010

n.. 61: Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geoografiche dei vini, in attuazione dell’articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 8.

All’Art. 10 (Disciplinari di produzione) vengono indicati i requisiti che debbono avere i disciplinari di produzione dei vini a DOCG, DOC e IGT; rispetto alla 164/92 spicca l’assenza dell’esclusione formale dei “territori non vocati alla qualità” tra quelli che entrano nelle zone di produzione delle uve. Una novità piuttosto importante riguarda la destinazione degli “esuberi” di produzione di uva del 20%: non potranno essere destinati alla produzione della relativa DO, ma potranno invece essere destinati alla produzione di vini “DOC o IGT a partire da un vino DOCG, oppure di vini IGT a partire da un vino DOC” rispettando ovviamente le caratteristiche del disciplinare della DO a cui saranno destinati; pare che il Piemonte si opporrà a tale decisione, studiando una normativa apposita.
Allo scopo di regolamentare l’offerta, su proposta dei Consorzi, sentite le Organizzazioni professionali agricole, le Regioni possono, in annate favorevoli, aumentare fino ad un massimo del 20% le rese di uva o di vino: tale esubero, nelle annate sfavorevoli, può essere utilizzato per far fronte nelle annate successive a carenze di produzione; allo stesso modo le Regioni possono, in annate sfavorevoli, diminuire le rese di uva o di vino. Altre indicazioni che devono essere contenute nei disciplinari sono: l’indicazione della varietà da cui il vino è ottenuto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto delle pratiche di forzatura, la densità minima di ceppi/ha (per i vigneti DOCG di nuovo impianto), il limite di 10% di fallanze che non impone un abbassamento della resa ad ettaro,  le condizioni di produzione (clima, terreno, giacitura, altitudine, esposizione), l’eventuale irrigazione di soccorso, le deroghe per le zone di vinificazione ed elaborazione, il periodo minimo di invecchiamento, l’imbottigliamento in zona delimitata, le capacità ed i sistemi di chiusura delle bottiglie).

L’art. 11 (Modifica dei disciplinari di produzione DOP e IGP) afferma che per effettuare le modifiche sui disciplinari DOP e IGP occorre fare riferimento alle norme dell’OCM vino.

Art. 12 (Schedario viticolo): in questo articolo viene sancito l’obbligo da parte dei conduttori di iscrivere i  propri vigneti allo Schedario viticolo per le relative denominazioni; tale banca dati verrà gestita dalle Regioni e dalle Province autonome, sarà consultabile attraverso i Sistemi Informativi Agricoli (per il Piemonte il  SIAP) e conterrà i dati presenti nel fascicolo aziendale; entro sei mesi dall’entrata in vigore del Decreto 61, il MIPAAF dovrà emettere un decreto in cui saranno determinati i criteri da adottare per verificare
l’idoneità tecnico-produttiva dei vigneti da immettere nello Schedario, nonché la gestione dei dati contenuti nello Schedario per la rivendicazione produttiva (in pratica la Denuncia di produzione sarà effettuata in  base ai dati presenti nel fascicolo aziendale, senza ricorrere all’Albo Vigneti).

L’art. 13 sancisce che il MIPAAF è il responsabile del coordinamento delle attività di controllo; i controlli vengono effettuati da ICQRF e Organismi di controllo privati. Gli organismi di controllo privati sono proposti nel disciplinare delle nuove denominazioni, oppure, nel caso di denominazioni già esistenti, dai Consorzi (se essi sono rappresentativi), oppure, in assenza dei consorzi, dai produttori che rappresentano almeno il 51% della produzione controllata; alternativamente ai casi visti in precedenza, le Regioni o Province autonome
possono indicare al MIPAAF i soggetti incaricati. La vigilanza sugli organismi di controllo privati sarà effettuata dall’ICQRF e dalle Regioni e Province autonome. I dati dello Schedario viticolo dovranno essere messi a disposizione gratuitamente delle strutture di controllo dagli Enti competenti la loro tenuta e gestione.

Al comma 1 dell’art. 14 (Modalità di rivendicazione delle produzioni, riclassificazione, declassamenti) viene ribadito che la denuncia di produzione annuale verrà fatta sulla base dei dati contenuti nello Schedario; i dati della denuncia di produzione dovranno essere resi disponibili agli organismi di controllo. Proseguendo nella lettura dell’articolo, si fa un accenno alla scelta vendemmiale: nulla è cambiato rispetto alla vecchia 164/92, infatti nell’ambito dello stesso territorio e dello stesso vigneto sono ammesse più scelte vendemmiali, purchè qualora dal medesimo vigneto vengano rivendicate contemporaneamente più produzioni a DOC/DOCG , la resa massima di uva e di vino non superi il limite più restrittivo tra quelli stabiliti tra i differenti disciplinari di produzione. La riclassificazione  (passaggio da una DO ad un’altra DO) può essere effettuata su mosti e vini atti a divenire purchè: le due D.O. insistano sulla medesima area, il prodotto abbia i requisiti prescritti dalla denominazione prescelta, la resa massima di produzione della denominazione prescelta sia uguale o superiore rispetto a quella di provenienza.; ogni movimento deve essere annotato nei registri e comunicato all’organismo di controllo. Il prodotto già certificato a D.O. deve essere declassato in caso di perdita dei requisiti chimico-fisici e organolettici (in questo caso occorre inviare un certificato di analisi chimico-fisica e organolettica all’organismo di controllo che attesti la presenza di difetti della partita; tale incombenza sembra essere un inutile aggravio burocratico e di costi per le aziende) oppure può essere declassato per scelta del produttore: in entrambe i casi le operazioni devono essere correttamente annotate sui registri. Il taglio tra vino atto e vino certificato comporta la perdita della certificazione acquisita salvo la possibilità di richiedere una nuova certificazione.
�� All’art. 15 (Analisi chimico-fisica ed organolettica) comma 1 viene sancita la durata della validità delle analisi chimico-fisico e organolettiche: 180 giorni per i vini a DOCG, 2 anni per i vini DOC, 3 anni per i vini DOC liquorosi; l’esame organolettico verrà effettuato
sempre dalle commissioni di degustazione istituite presso le CCIAA. Entro sei mesi dall’emanazione del Decreto 61 verranno emanati i decreti attuativi per definire le procedure per l’espletamento degli esami analitici e organolettici mediante controlli sistematici per i vini DOCG e DOC, l’espletamento degli esami analitici mediante controlli a campione per i vini IGT, le operazioni di prelievo dei campioni, le modalità per la determinazione del’anidride carbonica nei vini frizzanti
e spumanti, i criteri per il riconoscimento delle commissioni di degustazione e la nomina dei loro membri, l’ammontare degli importi e le modalità di pagamento per i costi da sostenere per il funzionamento delle Commissioni di degustazione.

Il ruolo e le funzioni del Comitato nazionale vini DOP e IGP sono definiti all’art. 16. Esso ha competenza consultiva e propositiva in materia di tutela e valorizzazione dei vini DOP e IGP. E’ composto da un presidente e diversi membri esperti di questioni vitivinicole, tra cui 3 membri designati dalle organizzazioni degli agricoltori maggiormente rappresentative. A parte la diminuzione della durata delle cariche (da poteri del Comitato sono notevolmente diminuiti; sono state azzerate le competenze in materia di modifica e cancellazione delle D.O., promozione dei prodotti vitivinicoli, controllo qualitativo sulle D.O., promozione delle attività di controllo sui vini, promozione di attività di controllo sui vigneti. Il Comitato inoltre non potrà, come in passato, costituirsi parte civile nei processi contro le frodi in materia vitivinicola ed inoltre non potrà più agire in giudizio a tutela dei viticoltori  che subiscono danni da soggetti privati o pubblici che pregiudichino la coltivazione dei vigneti.

Uno dei capitoli più corposi della legge riguarda i Consorzi di tutela. L’art. 17 (Consorzi di tutela) al primo comma stabilisce che un Consorzio di tutela può essere costituito per ogni D.O.; le finalità di un Consorzio di tutela sono diverse e riguardano la regolamentazione
della D.O., l’espletamento di attività di consulenza tecnica, promozione del prodotto, collaborazione con gli organismi preposti per la tutela del prodotto e la difesa degli interessi della denominazione; un solo Consorzio può rappresentare diverse D.O., purchè esse ricadano nello stesso territorio e purchè per ogni D.O. sia garantita l’autonomia decisionale. Un Consorzio, per essere riconosciuto, deve
annoverare almeno il 35% dei viticoltori e almeno il 51% della produzione certificata con riferimento agli ultimi due anni. L’affidamento ad un Consorzio di incarichi di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi di una denominazione verso tutti i soggetti inseriti nel sistema della D.O. (erga omnes) è subordinato alla rappresentatività nella compagine sociale di almeno il 66% della produzione certificata e del 40% dei viticoltori con riferimento ai dati degli ultimi due anni. Le attività di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione da espletare nella fase del commercio possono essere svolte da un Consorzio sotto il
coordinamento dell’ICQRF e in accordo con le Regioni e Province autonome; tali attività possono consistere, ad esempio, nella verifica del fatto che le produzioni certificate rispondano ai requisiti dei disciplinari di produzione.

All’art. 18 (Designazione, presentazione e protezione dei vini DOP e IGP) viene stabilito che per quanto riguarda tali informazioni si fa riferimento alla normativa comunitaria e alle leggi attuative nazionali.

L’art. 19 (Recipienti e contrassegni per i vini DOP) chiarisce alcuni aspetti di notevole importanza: i tappi a fungo con fermaglio (la “gabbietta”), salvo deroghe, sono destinati ai vini spumanti, oppure a quelli frizzanti che presentano tale soluzione tra quelle tradizionali; i vini a DOCG possono essere immessi in commercio in recipienti di capacità non superiore a 6 litri, e devono essere muniti di contrassegno di Stato numerato; la vicenda dei contrassegni di stato per i vini DOC, che in questi ultimi tempi ha suscitato il disappunto
di una parte della filiera, viene trattata ai commi 4 e 5, in cui si riporta che “4. Il contrassegno di cui al comma 3 e’ utilizzato anche per il confezionamento dei vini DOC. Per tali vini in alternativa, e’ consentito l’utilizzo del lotto, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, attribuito alla partita certificata dalla ditta imbottigliatrice e comunicato dalla medesima ditta alla struttura titolare del piano dei controlli. 5. I consorzi di tutela, di cui all’articolo 17, oppure in loro assenza le regioni e province autonome competenti, sentita la filiera vitivinicola interessata, decidono se avvalersi della facolta’ di utilizzo del lotto.”

L’art. 20 (Impiego delle denominazioni geografiche) riporta i criteri che consentono di utilizzare le D.O.: riguarda per lo più il divieto di utilizzare il nome di una D.O. o parte di esso per designare prodotti o prodotti derivati che non rispettano i disciplinari di produzione della D.O.

L’art. 21 (Concorsi enologici) contiene le disposizioni relative alla partecipazione dei vini ai Concorsi e le distinzioni di cui possono fregiarsi i prodotti che abbiano superato le selezioni di un Concorso enologico.

Il CAPO IX (artt. 22-30) della norma riporta le “disposizioni sanzionatorie”; chi produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini a D.O. che non rispettano i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione è soggetto ad una sanzione da 2000 a 20000 €; chi produce, vende,  pone in vendita uve destinate a produrre vini a D.O. che non rispettano i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione è soggetto ad una sanzione da 1000 a 10000 €; chi non adegua nello schedario viticolo la denominazione di vigneti che non possiedono più i requisiti per appartenere ad una denominazione  è soggetto ad una sanzione da 300 a 1000 €; chi nella dichiarazione di vendemmia e produzione vitivinicola dichiara una produzione maggiore di quella effettiva è soggetto ad una sanzione da 1000 a 5000 € (se il quantitativo supera i 10 q o i 100 hl l’importo della sanzione è raddoppiato); chi non presenta nei termini previsti la dichiarazione di vendemmia e produzione vitivinicola è soggetto, a seconda dell’entità del ritardo, ad una sanzione da 200 a 3000 €; allorché nella dichiarazione di vendemmia e produzione vitivinicola si riscontrino irregolarità relative a vini a D.O. oppure a vini generici (non meglio chiarite) vengono applicate sanzioni che vanno dai 200 ai 5000 €; l’utilizzo errato dei contrassegni di stato per i vini a DOCG e di quelli per i vini DOC (se previsti) comporta una sanzione da 30000 a 100000 €; chi immette in commercio recipienti privi di contrassegno ove previsto è soggetto ad una sanzione da 10000 a 50000 €; l’uso scorretto di una denominazione allo scopo di trarre in inganno l’acquirente è soggetto ad una sanzione da 2000 a 13000 €; è vietata l’adozione del nome di una D.O. per designare la ragione sociale di  un’azienda, ed è vietato pure associare tale nome a termini quali “cantina”, “fattoria”, pena una sanzione da 1000 a 10000 €; l’utilizzo di indicazioni false e ingannevoli in ogni documento che riguarda  un prodotto che si fregi di una D.O. e l’utilizzo di recipienti non previsti dai disciplinari di produzione comporta una sanzione da 2000 a 13000 €. All’art. 24 sono descritte le sanzioni riferite al piano dei controlli: le non conformità gravi sono colpite da una sanzione che va dai 2000 ai 13000 €, salvo che per la fattispecie sia già prevista una sanzione ai sensi di un’altra norma contenuta al CAPO IX; chi ostacola l’attività di controllo è colpito da una sanzione di 1000 €, oltre al divieto di utilizzare la denominazione; chi non assolve agli obblighi pecuiniari relativi allo svolgimento dell’attività di controllo è soggetto ad una sanzione pari al doppio dell’importo dell’obbligo pecuniario accertato, oltre al versamento delle somme dovute comprensive degli interessi legali al creditore. Agli artt. 25 e 26 vengono anche elencate le sanzioni (da 5000 a 60000 €) a cui sono soggette le strutture di controllo ed i Consorzi che non svolgano correttamente il loro ruolo (ad esempio discriminando
tra diversi soggetti associati). Per tutto quanto non specificato nel CAPO IX, in merito alle sanzioni, si fa riferimento a quanto contenuto nella D.Lvo 260 del 10 agosto 2000 e nella legge 82 del 20 febbraio 2006.