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La cessione di quote di CO2 resta per ora fuori dal reddito agrario


06/10/2022

L’Agenzia delle Entrate si è recentemente espressa riguardo a un aspetto che potrebbe diventare presto piuttosto importante per i bilanci delle aziende agricole, cioè se il reddito derivante dell’eventuale remunerazione per l’anidride carbanica (CO2) sequestrata nel suolo tramite processi produttivi virtuosi correlati alla coltivazione delle piante possa essere ricompreso in quello agrario.

 

Richiamando il terzo comma dell’articolo 2135 del Codice Civile, nel quale sono elencate le attività agricole connesse esercitabili dall’impresa agricola, l’Agenzia delle Entrate, ha precisato che, in mancanza di una specifica disposizione di legge che, come ad esempio è avvenuto per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, definisca la cessione delle quote di emissione derivanti dal sequestro di CO2, questa non può essere inquadrata come "fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata" e quindi non è configurabile come attività agricola connessa.

 

Di conseguenza, gli eventuali proventi derivanti dalla commercializzazione dei crediti di carbonio concorrerebbero alla formazione del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 85 del TUIR.

 

Ai fini IVA, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la cessione a terzi delle quote di CO2 prodotta sia da assimilare ad una prestazione di servizi, così che per tali cessioni si renderebbe applicabile il regime ordinario di determinazione dell'imposta.

 

Sul tema è stata anche presentata un’interrogazione parlamentare in quanto tale attività rientra tra gli obiettivi del Regolamento n. 2018/841/UE relativo alla riduzione della CO2. Il Regolamento prevede che gli Stati membri si impegnino a garantire che le emissioni contabilizzate di gas ad effetto serra siano interamente compensate da una equivalente rimozione di anidride carbonica, anche attraverso il sequestro della CO2 nel suolo o nelle piante, a condizione che non rientri in circolo (ad esempio con la combustione del legname prodotto).

 

La risposta della Commissione Finanze all’interrogazione è stata quella di ribadire la necessità di una specifica norma di legge che includa questo tipo di attività tra quelle agricole definite dall’art. 2135, Codice Civile. Al momento quindi le imprese agricole che dovessero cedere tali titoli o quote corrono il rischio di vedersi contestare la qualifica di società agricola per il venir meno del requisito dell’esercizio esclusivo delle attività agricole o anche della qualifica di imprenditore agricolo professionale.


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