RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO

06/09/2012

Il 03 luglio 2012 è stata pubblicata la legge 28 giugno 2012, n. 92 recante: “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, meglio conosciuta come “Riforma Fornero”. Le norme sono entrate in vigore il 18 luglio 2012. La legge si pone l’ambizioso obiettivo di realizzare un nuovo sistema di regole idoneo a contribuire alla crescita ed alla creazione di occupazione di qualità e al contempo di creare un modello di tutela sociale più ampio, efficace e coerente con le nuove esigenze del mercato del lavoro. Per raggiungere tali obiettivi la riforma si propone di:
1. limitare e disincentivare l’utilizzo dei contratti di lavoro flessibili (tempo determinato, intermittente, part-time, lavoro a progetto, rapporti con titolari di partita IVA, ecc.) al fine sia di evitare eventuali abusi e sia di favorire il ricorso al contratto di lavoro a tempo indeterminato, considerato testualmente come “contratto dominante” ovvero forma comune del rapporto di lavoro;
2. limitare l’applicazione della reintegrazione del posto di lavoro (art. 18, legge 300/1970) ai soli casi di manifesta infondatezza dei motivi (disciplinari-soggettivi o oggettivi-economici) addotti a base del licenziamento e non più a tutti i casi di illegittimità;
3. rivedere il sistema degli ammortizzatori sociali con l’introduzione dell’assicurazione sociale per l’impiego (ASPI) in luogo dell’indennità di disoccupazione e dell’indennità di mobilità (resta invece la cassa integrazione).
Per quanto riguarda i temi che maggiormente interessano le imprese agricole che occupano manodopera, occorre subito precisare che la riforma in commento – contrariamente ad alcune prime indiscrezioni – non ha apportato sostanziali modifiche allo speciale sistema di regole che disciplina i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro agricolo e gli operai agricoli, nonché al relativo apparato di ammortizzatori sociali. Ed infatti le nuove limitazioni all’utilizzo dei contratti di lavoro a termine previste dalla riforma Fornero (come quelle precedenti) non si applicano ai rapporti con gli operai agricoli a tempo determinato (OTD) in virtù dell’esclusione prevista all’art. 10, d.lgs. 368/2001, che non è stata eliminata, né modificata; pertanto i datori di lavoro agricolo potranno continuare ad occupare OTD in modo pienamente libero e flessibile, senza vincoli di forma, di causale, di durata, di proroga, di reiterazione, di intervallo. Analogamente, l’incremento contributivo dell’1,4 per cento posto a carico dei datori di lavoro che assumono lavoratori a tempo determinato – finalizzato a disincentivare l’utilizzo del contratto a termine e a finanziare la nuova ASPI – non dovrebbe, a nostro avviso, trovare applicazione ai rapporti con gli operai agricoli a tempo determinato in ragione del fatto che questi ultimi sono esclusi dall’ambito di applicazione di tale nuovo ammortizzatore sociale (in ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui l’aumento in questione fosse ritenuto applicabile al nostro settore, il lavoro stagionale – che in agricoltura è largamente prevalente – resterebbe comunque escluso). Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, come appena detto, le nuove disposizioni in materia di ASPI – l’assicurazione sociale per l’impiego che, dal 2013, sostituirà la disoccupazione e la mobilità per la generalità dei lavoratori – non riguarderanno gli operai agricoli, per i quali continueranno a trovare applicazione, per espressa previsione legislativa, le attuali disposizioni in materia di disoccupazione agricola. Un discorso a parte merita il lavoro occasionale di tipo accessorio (cosiddetti voucher) per l’agricoltura. L’altalenante posizione assunta dal Governo e dal Parlamento nel corso dell’iter di approvazione – ove si è passati da un inaspettato ampliamento dell’istituto (nella versione originaria del disegno di legge), alla sua sostanziale eliminazione (negli emendamenti dei relatori al Senato), per finire poi (quasi) alle posizioni di partenza (nel testo definitivo) – ha avuto il solo merito di inasprire i rapporti tra i sindacati dei lavoratori e le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro agricolo. La riforma del mercato del lavoro, in definitiva, non ha toccato quegli istituti – come, ad esempio, il contratto a tempo determinato con gli operai agricoli (OTD), le agevolazioni contributive per zone montane e svantaggiate, lo speciale sistema di ammortizzatori sociali agricolo (disoccupazione agricola e CISOA) – fondamentali per le imprese e per l’occupazione agricola. Evidentemente Confagricoltura – pur non avendo partecipato al tavolo ufficiale di confronto tra Governo e parti sociali (cui hanno preso parte: Confindustria, Rete Imprese, Alleanza cooperative, ABI, ANIA, CGIL, CISL, UIL e UGL) – è riuscita comunque, attraverso diverse iniziative parallele, a rappresentare efficacemente al Governo ed alle principali forze politiche che lo sostengono, nonché all’INPS, le preoccupazioni e le esigenze delle imprese agricole. Restano comunque alcune preoccupazioni di carattere generale sull’impianto complessivo del provvedimento legislativo in commento, le cui disposizioni restrittive in materia di flessibilità in entrata – a parte le ricordate eccezioni con riferimento agli operai agricoli – trovano piena applicazione alle imprese agricole che occupano impiegati, quadri e dirigenti o che si avvalgono dell’opera di collaboratori “esterni”, quali i prestatori di lavoro occasionale accessorio e i collaboratori a progetto o i titolari di partita IVA. A nostro avviso la riforma Fornero difficilmente riuscirà a raggiungere i risultati che si è prefissi, quale quello di rendere il mercato del lavoro dinamico ed efficiente, di ridurre gli alti tassi di disoccupazione (soprattutto femminile e giovanile) e di aumentare la produttività e la crescita economica. La riforma in questione, a fronte di impalpabili modifiche sulla flessibilità in uscita (licenziamenti), ha apportato forti restrizioni sulla cosiddetta flessibilità in entrata, ossia sulle regole che disciplinano le varie tipologie contrattuali (tempo determinato, part-time, lavoro occasionale accessorio, collaborazioni a progetto, partite iva, ecc.), che difficilmente favoriranno nuova occupazione. Non a caso la legge in commento ha sollevato accesi dibattiti e parecchie perplessità non solo tra le parti sociali, ma anche nel mondo politico, tanto che, da più parti, ancor prima dell’approvazione definitiva, si diceva già che, a breve, “bisognerà rimetterci le mani”. Ed infatti, proprio in questi giorni, le forze politiche che sostengono la maggioranza hanno raggiunto un accordo di massima su una serie di modifiche da apportare alla legge 92/2012. Ci riserviamo di tornare sull’argomento non appena saranno emanate le istruzioni operative da parte delle Amministrazioni competenti.

Area previdenziale
curata da
MARIO RENDINA