Nitrati: va adeguata l’intera normativa scritta 20 anni fa

04/05/2011

La Regione Piemonte nello scorso 2007 ha emanato il Regolamento 10/R che regola l’utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici e delle acque reflue, con norme diversificate nelle Zone Vulnerabili da Nitrati di Origine Agricola e nelle altre aree.
Il Piemonte è stata la prima regione ad adeguare la propria legislazione alle direttive comunitarie e nazionali; gli interventi che abbiamo
effettuato nei confronti della Regione hanno sortito alcuni effetti positivi, limitando i problemi creati alle aziende agricole che però si
confermano notevoli sotto molti punti di vista, specialmente nei confronti delle imprese che producono biogas.
In questi ultimi tempi la situazione rischia però di esasperarsi: la richiesta italiana di ottenere la deroga che innalzi il limite di apporto azotato da effluenti zootecnici attualmente pari a 170 kg/ettaro/anno per portarlo a 240 o a 280 kg, imporrebbe alle Regioni di adeguare i loro programmi ad ulteriori vincoli amministrativi e tecnici; la ricaduta a carico delle imprese agricole e zootecniche potrebbe essere deleteria.
Le proposte recentemente presentate ai Ministri dell’Ambiente e delle Politiche Agricole di ripensare alla validità di una direttiva che è stata scritta 20 anni fa analizzando tutte le reali fonti di inquinamento che influiscono sulla presenza di nitrati nel territorio della Pianura padana,
fonti che non possono essere considerate tutte e solo di origine zootecnica, sono certamente condivisibili, ma non sufficienti.
Confagricoltura sin dal 2008 ha posto la questione nitrati nella sua interezza, con l’obiettivo di una revisione integrale delle  disposizioni europee, anche alla luce delle novità introdotte da un’altra direttiva, la 2000/60, sul buono stato di qualità delle acque. Tutta la normativa d’attuazione italiana necessita di una grande semplificazione e di un più generale coordinamento.
Confagricoltura, in innumerevoli occasioni, sia a livello nazionale che a livello locale ha sottolineato che occorre garantire un sistema di rilevazione idoneo a quantificare il peso delle altre fonti di inquinamento, come quella civile, al fine di evitare che le cause siano attribuite ingiustamente e totalmente al settore agricolo e si concentrino solo su di esso tutti gli aggravi normativi e tecnici.
In questo filone di crescenti difficoltà per le nostre imprese vanno inquadrate anche le norme regionali per l’utilizzazione agronomica del digestato proveniente da impianti che, per la produzione di biogas, utilizzano in misura preponderante biomasse da colture dedicate. Considerare il digestato prodotto da questi impianti come rifiuto, concetto gravemente infondato, comporta ulteriori, inutili e assurdi aggravi amministrativi, burocratici e operativi che impediscono il corretto utilizzo agronomico di un ottimo fertilizzante, apportatore di quella sostanza organica che ormai va scarseggiando nei nostri terreni, anche in quelli più fertili.
La questione relativa alla gestione degli effluenti zootecnici ed al digestato merita una maggiore attenzione al fine di evitare che risorse vitali per l’agricoltura italiana, si trasformino in problemi spesso insormontabili e associabili a sanzioni amministrative e penali estremamente gravi.
Il nostro impegno a livello provinciale, regionale e nazionale per ottenere modifiche normative in tal senso è completo.