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ottobre 2014

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………….. il sapore del Pomodoro Piemontese ………….. il sapore del Pomodoro Piemontese

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I

l quadro normativo riguardante i con-tratti di rete si amplia notevolmente grazie alle novità introdotte dal Decreto Competitività 91/2014, convertito con modi-ficazioni in L. 116/2014.

Il citato Decreto dedica particolare attenzione alle reti operanti nel settore agricolo, introdu-cendo appunto una innovativa previsione, fortemente voluta da Confagricoltura, che agevola il Contratto di Rete attraverso una di-sciplina più mirata per le imprese agricole. Il Contratto di Rete rappresenta un accordo con il quale due o più imprenditori, anche di diversi settori, al fine di accrescere la propria capacità innovativa e di innalzare il proprio livello di competitività sul mercato nazionale e internazionale, si obbligano, sulla base di un programma economico comune e nel-l’ambito di un quadro giuridico prestabilito a collaborare, scambiarsi informazioni o pre-stazioni ed esercitare attività in comune. Ai sensi del D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134/2012, al Contratto di Rete non si applicano le disposi-zioni di cui alla Legge 3 maggio 1982 n. 203 in materia di norme sui contratti agrari.

Il Contratto di Rete non è un contratto agrario , anche laddove sia formato e/o costi-tuito da sole imprese agricole. La sua fun-zione economico sociale è costituita dal creare fra due o più imprese agricole idonee sinergie, attraverso le più appropriate forme di collaborazione e cooperazione, finalizzate alla loro crescita imprenditoriale, in termini di innovazione e competitività sul mercato nazionale ed internazionale.

In sostanza, mentre nei contratti agrari la col-laborazione fra le imprese è finalizzata a pro-curare ed organizzare i fattori di produzione, necessari per esercitare l’attività di impresa agricola, dovendo il vincolo associativo es-sere funzionale ed orientato a formare una azienda comune, diversamente, nel Con-tratto di Rete la collaborazione e coopera-zione fra le imprese agricole è finalizzata ad accrescere una attività economica e produt-tiva già esistente, la quale acquista una di-versa dimensione e configurazione, per aver organizzato, in modo differente, l’attività im-prenditoriale.

Ne consegue che il Contratto di Rete rappre-senta una nuova formula di organizzazione per quelle realtà produttive che, pur mante-nendo la propria autonomia, possono dare forma e sostanza in modo nuovo e flessibile, ad un nuovo modello imprenditoriale. Per l’applicazione della norma di cui all’art.1 bis co.3 D.L.. 91/2014:

• il Contratto di Rete deve essere formato da sole imprese agricole, singole o associate, di cui all’art. 2135 c.c., con esclusione, quindi, di quelle non agricole;

• la norma trova applicazione a favore di tutte le aziende agricole, considerato che il nostro sistema economico-produttivo è costituito prevalentemente da micro, pic-cole e medie imprese.

Le attività dirette alla produzione agricola sono da ricondurre all’attività di coltiva-zione, di allevamento di animali, di prima trasformazione e di manipolazione, al cui processo produttivo hanno partecipato e contribuito le imprese costituenti il Con-tratto di Rete, al fine di favorire la propria cre-scita imprenditoriale.

Ciò comporta che le singole e autonome fasi economiche del ciclo produttivo di un bene, definito a priori e specificato nel contratto, possono essere anche ripartite fra le imprese aderenti la rete.

Ad esempio se due o più imprese agricole de-cidono di realizzare il prodotto vino, al fine di migliorare la propria competitività, la fase della coltivazione e produzione del vigneto può essere riservata ad una azienda agricola che fa parte della rete, mentre quella della prima trasformazione (ad es. dell’uva in vino) ad altra impresa della rete, in quanto coinvolta quest’ultima, o comunque parte-cipe, al ciclo produttivo del bene vino. Va da se che l’impresa di trasformazione potrà es-sere coinvolta o partecipe, se convenuto in sede contrattuale, anche alla fase di produ-zione del bene (uva) da trasformare. In ciò si sostanzia l’esercizio in comune di una attività economica, incentrata essenzial-mente nella produzione agricola.

La produzione agricola, ovvero il prodotto agricolo comune derivante dall’esercizio in comune dell’attività può essere diviso in na-tura , cioè ripartito fra i contraenti secondo

non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti. Di conseguenza, la cessione della quota di prodotto delle singole imprese, in quanto ottenuta a titolo originario, non pre-clude l’applicazione del regime speciale IVA ex art. 34, D.P.R. 633/72.

Nel caso in cui il prodotto realizzato venga ceduto interamente da un unico soggetto, si realizzerebbe un’attività di tipo commerciale per la quota di spettanza delle altre imprese, che dovranno fatturare al primo le proprie quote di prodotto. Qualora invece, il sud-detto soggetto agisca in veste di capofila o or-gano comune, in virtù di un mandato con rappresentanza, gli effetti giuridici della ven-dita si realizzano in capo alle singole im-prese, per la relativa quota di prodotto, con conseguente fatturazione diretta, da parte di queste ultime, al cliente finale.

Nel caso, invece, di mandato senza rappre-sentanza, le imprese mandanti dovranno procedere alla fatturazione verso il capofila o organo comune, il quale a sua volta ha l’ob-bligo di fatturare l’intero prodotto nei con-fronti del cliente finale.

Ai fini delle imposte dirette, nei contratti di tipo associativo, categoria a cui si ritiene appar-tengano i contratti di rete, il reddito agrario, derivante dallo svolgimento delle attività agri-cole, concorre a formare il reddito di ciascun associato, per la quota di sua spettanza, stabi-lita nel contratto stesso (art. 33 T.U.I.R.). Alla luce di queste importanti innovazioni normative, il Contratto di Rete può essere considerato per il settore agricolo lo stru-mento in grado di aumentare la produttività, incrementare l’innovazione, conquistare nuovi mercati, senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un

Fare agricoltura in “rete” conviene: le novità fiscali

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