Risultati del 6° censimento generale dell’agricoltura: diminuiscono le aziende, ma diventano più grandi

03/10/2011

Il 6° censimento generale dell’agricoltura, mediante le quasi 100 mila interviste portate a termine nella fase di raccolta dati effettuata tra il 24 ottobre 2010 e il 15 febbraio 2011, presenta la fotografia di un settore primario, quello piemontese, contraddistinto nell’ultimo decennio da una vigorosa riduzione delle impreseagricole; la netta tendenza è però bilanciata da un sensibile ingrandimento delle aziende attualmente operative.L’agricoltura in Regione Piemonte, pur attraversando periodi di rallentamento, ha retto alle difficili condizioni economiche caratterizzanti questi anni, anche grazie ad una impostazione di base sana e duratura. Persistono comunque criticità e aspetti da migliorare, ma l’ottimismo permane per il futuro.Trattasi di dati provvisori, inerenti le variabili principali contenute nei questionari sottoposti agli agricoltori; per le cifre definitive sarà necessario attendere fino ad aprile 2012. Dalle 107 mila imprese agricole rilevate nell’anno 2000, si è giunti alle circa 67 mila odierne: in termini percentuali la riduzione si è attestata al 37%. Prima in graduatoria per numero di aziende la provincia di Cuneo con 24.823 unità (nel 2000 le realtà agricole erano 35.955); seguono poi la provincia di Torino con 14.197 aziende (nel 2000 erano 22.311), l’Alessandrino con 10.638 aziende (20.476 nel 2000), 8.753 imprese rurali nell’Astigiano (11 anni fa 17.941), Vercelli con 2.649 realtà (nel 2000 3.143), Novara con 2.632 aziende (nel 2000 3.434); chiudono infine la provincia di Biella con 1.895 imprese agricole (2.227 nel 2000) e Verbania con 1.343 aziende (1.482 nel 2000). Tale decremento sostanziale in termini di realtà aziendali è stato accompagnato però da un soddisfacente livello di mantenimento della SAU (Superficie Agricola Utilizzata), la quale è diminuita rispetto al 2000 di soli 2 punti percentuali, tra i migliori valori registrati in questa direzione in tutto il centro-nord del Paese.Meno imprese, ma estensione della SAU quasi immutata: aumenta dunque la media delle terre utilizzate da ogni singola azienda rurale. Se 11 anni fa la media corrispondeva a 10 ettari per ogni realtà agricola, oggi il dato è salito a 15,8 ettari.Dai risultati del 6° censimento generale dell’agricoltura emerge come l’incremento della Superficie Agricola Utilizzata di proprietà in dotazione ad ogni azienda sia diminuita del 14 % (dal 62% nel 2000 al 48% nel 2010), mentre la SAU in affitto è aumentata di 11 punti percentuali (nel 2000 35%, nel 2010 46%); incrementorilevante anche per quanto concerne gli ettari di SAU in utilizzo gratuito, aumentati dal 3% al 7%. Negli ultimi 4 decenni la SAU è diminuita di oltre 3.000 chilometri quadrati, passando dai 13.665 del 1970 ai 10.470 del 2010.La Superficie Agricola Utilizzata insiste quasi per la metà della sua estensione totale su terreni di pianura (48%), ma buoni risultati si registrano anche per quanto concerne le terre coltivate in aree collinari (28% dell’estensione SAU totale). Si conferma il fenomeno dell’abbandono delle terre montane, presso le quali la SAU si arresta al 23%. La distribuzione della SAU con il passare dei decenni ha visto un costante sbilanciamento delle terre coltivate in direzione della pianura: nel 1970 la ripartizione consisteva nel 37% area pianeggiante, 32% collinare, 31% montagna.Per quanto concerne la suddivisione della superficie investita per tipo di coltivazione, il censimento rileva al primo posto i 403.610 ettari impegnati a cereali (nel 2000 406.337 ha), in seguito le aree occupate a foraggere avvicendate, pari a 90.699 ha (rispetto ai 76.785 del 2000). Tra le coltivazioni che ricoprono  maggior rilievo per quanto concerne la superficie totale occupata a livello regionale seguono poi i terreni coltivati a vite (nel 2010 46.539 ha, nel 2000 52.905 ha) e le colture fruttifere con 43.656 ha (42.134 ha nel 2000).Il 6° censimento generale dell’agricoltura, pur non dimenticando le criticità del settore, evidenzia segnali confortanti per quanto concerne il settore zootecnico, comparto che rileva numeri interessanti e dimostra nel complesso di aver risposto positivamente alle difficoltà degli ultimi anni: in Piemonte sono attivi in totalecirca 20.000 allevamenti, corrispondenti a 1,040 milioni di Unità di Bestiame Adulto (UBA). La cifra esprime non solo una tenuta del settore, ma addirittura un lieve aumento, nel 2000 infatti le UBA corrispondenti all’attività piemontese erano pari a 1,028 milioni. A primeggiare è nuovamente la provincia di Cuneo con 7.129 allevamenti (contro i 9.733 del 2000). Seguono poi Torino con 5.816 allevamenti (nel 2000 erano 7.832), Asti e Alessandria con pari numero di allevamenti, 1.372 (nel 2000 rispettivamente 2.339 e 2.216) e Biella con 918 (914 nel 2000); chiudono infine Novara (878 contro i 983 del 2000), Verbania (778 contro gli 859 del 2000) ed infine i 620 allevamenti della provincia di Vercelli (651 nel 2000).La maggioranza delle UBA attribuite al Piemonte è rappresentata da bovini (una percentuale pari al 55%), poi troviamo i suini con il 29% del totale ed infine chiudono gli avicoli con il 13%; il restante 3% è rappresentato da allevamenti minori. Aumentano gli allevamenti in pianura, rappresentanti il 66% delle UBA totali(nel 2000 erano il 62%), segue la collina (con il 25%) e infine va rilevato la costante e graduale diminuzione dell’attività zootecnica in area montana, al 9% delle UBA complessive.Le cifre rilevate dimostrano che ogni singola azienda dotata di allevamento installata su territorio piemontese, presenta una media di 53 UBA. In realtà la distribuzione dei capi di allevamento è molto sbilanciata: il 23% delle aziende agricole ha meno di 2 UBA, il 63% delle imprese agricole con allevamento possiedemeno di 20 UBA, il restante 14% delle realtà agricole detiene il 94% del patrimonio zootecnico della Regione Piemonte. Statistiche approfondite, inerenti la distribuzione dei capi di bestiame sul territorio piemontese, dimostrano che meno di 1.000 aziende allevano oltre la metà del patrimonio zootecnico regionale.Per quanto concerne i dati relativi alla manodopera in agricoltura vanno rilevati significativi decrementi: calano del 30% rispetto all’anno 2000 le persone occupate in azienda, anche solo a tempo parziale (da 202.000 soggetti si è passati agli attuali 142.000). Segno meno anche davanti alle giornate di lavoro standard, diminuite del 23%, e all’occupazione femminile nel settore primario: hanno lavorato meno donne (dal 37% del totale al 34%) e il loro contributo rispetto alle giornate di lavoro complessive è passato dal 32% del 2000 al 28% del 2010. Importante però il limitato ma significativo segno positivo davanti alla voce “giovani inagricoltura”: se nel settore primario i soggetti con età superiore ai 64 anni sono diminuiti dal 37% al 31%, sono aumentati i conduttori sotto i 40 anni (dal 12% al 13%) e la fascia compresa tra i 40 e i 54 anni di età (dal 27% al 32%). Costante infine il blocco di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni: 24% del totale. Aumentano inoltre i titoli di studio dei titolari delle aziende agricole: diploma triennale per il 29,3% dei soggetti (+11,6% rispetto il 2000) e laurea per il4,4% del totale (+2,1%).