Ritorna il contratto di compartecipazione agraria

04/01/2012

È sempre crescente il numero delle Aziende associate che chiedono informazioni sul contratto di compartecipazione e quali sono i relativi risvolti di tale forma di contratto; si ritiene, pertanto, di dover fornire alcune considerazioni.
Il contratto di compartecipazione, in sede pratica, solleva numerose questioni che suggeriscono un esame del problema al fine di
evitare confusioni o incertezze nell’applicazione della normativa in materia.
I contratti “atipici” di compartecipazione agraria possono assumere forme molteplici, e non hanno caratteristiche precise, perché concorrono, al tempo stesso, taluni elementi della colonia parziaria con elementi del contratto di lavoro.
Per questo, ogni qualvolta, ci si trova di fronte ad un contratto definito di “compartecipazione”, occorre accertare a quale titolo il compartecipante disponga di una parte di prodotti del fondo o dell’azienda; occorre risalire alla volontà dei contraenti, per stabilire se essi abbiano convenuto tale partecipazione come concorso all’esercizio dell’attività imprenditoriale comune al concedente ed al compartecipante.
La giurisprudenza ha precisato che quando un contratto agrario non ha per oggetto un terreno determinato, bensì una quota ideale di prodotto, che possa essere ricavata da una certa estensione di terreno astrattamente considerata, con mancanza di apporto ai capitali oltre che alle spese ed ai rischi dell’impresa, si ha un rapporto di prestazione d’opera con retribuzione in natura sotto forma di cointeressenza al prodotto, e non di compartecipazione agraria.
La compartecipazione agraria è caratterizzata dal fatto che la titolarità e l’esercizio di impresa agricola devono rimanere in capo al concedente, titolare del diritto reale e personale di godimento sul fondo, e nell’apporto, da parte del partecipante, del suo lavoro manuale per la coltivazione del fondo medesimo.
Il compartecipante viene interessato alla coltivazione con l’attribuzione della partecipazione ai prodotti del fondo, mentre le perdite della gestione restano a carico del concedente imprenditore, essendo la sopportazione del rischio da parte del partecipante limitata al conseguimento della quota di prodotti a lui spettante.
In tali casi il contratto di compartecipazione, di natura associativa, è strutturalmente coordinato all’impresa, anzi, è esso stesso costitutivo dell’organizzazione e segna la nascita dell’impresa.
Gli elementi caratteristici del contratto di compartecipazione a struttura associativa sono i seguenti:
a) il compartecipante partecipa alla coltivazione del fondo per un periodo di tempo sufficiente ad assicurargli la compartecipazione
al risultato dell’intera produzione durante il ciclo delle coltivazioni;
b) formazione di un’azienda comune con organizzazione, anche minima, dei fattori della produzione; l’apporto del coltivatore (compartecipante) non deve essere limitato al solo lavoro.
c) partecipazione comune alle spese di coltivazione.

La giurisprudenza ha correttamente posto in evidenza la circostanza che nella compartecipazione di natura associativa, equiparabile ai contratti di mezzadria e colonia parziaria, vi è la partecipazione di ambedue i soggetti del rapporto alle spese, agli utili e ai rischi d’impresa; conseguentemente, questo particolare contratto è soggetto a tutte le prestazioni poste dalla legislazione agraria per i contratti di natura associativa.
Il legislatore del 1982 ha manifestato, in termini inequivocabili, di non essere favorevole alla compartecipazione di natura associativa, confermando così la scelta contenuta nella legge n. 756/64, che aveva disposto l’abolizione della compartecipazione, stabilendone la confluenza nel rapporto di lavoro subordinato o nella colonia parziaria, salvo quanto disposto per la compartecipazione stagionale e la concessione intercalare. Per questo, il legislatore, con la legge n. 203/82 di riforma dei contratti agrari, ha stabilito, salvo il caso di conversione del rapporto associativo in affitto (art. 25 e ss l. 203/82 e l. n.29/90), l’estinzione di questi rapporti, al massimo entro dieci anni dall’entrata  in vigore della nuova normativa.
Il legislatore, portando avanti il processo di tipizzazione verso l’affitto, ha considerato questo l’unico contratto in grado di assicurare la piena imprenditorialità del conduttore.
Tuttavia, il legislatore ha lasciato in vita, nel campo del diritto agrario (con esclusioni delle compartecipazioni qualificabili di
mero rapporto di lavoro), la sola partecipazione per colture stagionali di cui all’art. 56 L. n. 203/82, il quale potrà essere applicato non solo ai contratti agrari di compartecipazione, ma anche ai rapporti eccezionali, sia nel tempo in relazione alla natura dell’intero anno agrario (e perciò di coltivazioni stagionali o intercalari), sia nell’estensione come deriva dal termine “singole coltivazioni”; dovrà trattarsi di coltivazioni limitate rispetto alla superficie del fondo o rispetto alle colture normali del terreno”.
Tali principi hanno conservato la loro efficacia e validità anche nella Legge n. 203/82 (art.56).
Va altresì ricordato con riferimento all’art.56 L. n. 203/82, che esclude dall’applicazione della nuova disciplina dei contratti agrari la compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, non si può dilatare il concetto di coltivazione stagionale sino ad essere questa un modo per eludere l’applicazione della normativa generale; non si può parlare di coltivazione stagionale quando la stessa assume importanza preminente nell’economia della coltivazione del fondo o si svolge per un periodo di tempo quasi annuale.
È appena il caso di rammentare che la giurisprudenza ha precisato che concettualmente, le coltivazioni intercalari sono quelle così dette secondarie, che si praticano dopo il raccolto di colture principali e prima della lavorazione di impianti dello stesso tipo, mentre le coltivazioni stagionali devono essere ritenute quelle di durata non molto eccedente quella trimestrale delle stagioni naturali. Al di fuori di questi rigidi limiti, non può trovare applicazione l’art. 56 L. n. 203/82, stante i sopra evidenziati rischi che ne conseguono.