La perdita di posti nelle imprese agricole è un campanello d'allarme per l'agroalimentare made in Italy

02/11/2011

Mentre il numero dei senza lavoro diminuisce nel complesso, la disoccupazione in agricoltura aumenta. Secondo i dati diffusi dall’Istat per il secondo trimestre 2011 l'occupazione è cresciuta dello 0,4% (+87mila unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma in agricoltura sono andati in fumo 40.000 posti, ovvero il 4,6% degli occupati.
“Un calo che è un forte campanello d’allarme per la tenuta dell’agroalimentare made in Italy - commenta Gian Paolo Coscia, presidente di Confagricoltura Alessandria -. La perdita di posti di lavoro è sintomatica di un settore con caratteristiche anticicliche, che ha sopportato il peso della crisi fino ad oggi, riuscendo nel contempo a creare lavoro, ma che ora non può più fare da argine alle difficoltà della congiuntura attuale. E’ assolutamente necessario ed urgente varare per l’agricoltura misure di sviluppo al pari di quelle che sono in cantiere per gli altri settori dell’economia”.
Confagricoltura vuole a questo proposito richiamare l’attenzione del governo  e del mondo politico in generale sui dati diffusi, in cui si sottolineava come, nel 2010, siano state le imprese agricole il motore dell’occupazione nel Mezzogiorno (+8100 unità) e come, evidentemente, questo motore rischi di perdere colpi, togliendo anche questa opportunità al Sud.
“Se commentando i dati dello Svimez abbiamo sollecitato un progetto-Paese per l’agricoltura meridionale - dice il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi - alla luce dei dati Istat dobbiamo ampliare questa richiesta invocando, ancora una volta e con forza, una politica nazionale per l’agricoltura. La tenaglia di costi alti e prezzi infimi stritola le imprese del settore e le conseguenze si vedono. Occorrono misure che riequilibrino la distribuzione del valore nella filiera, liberino le potenzialità e le capacità imprenditoriali, diano spazio ad una grande agricoltura di produzione e qualità, l’unica in grado di creare lavoro e contribuire alla crescita economica”.
L’agricoltura rappresenta le  fondamenta su cui poggia ogni speranza di sfamare il mondo adesso e nel futuro. Non dimentichiamo che nel 2040 per soddisfare la richiesta di cibo sarà necessario il 70% di produzione agricola in più, ma l’attuale riforma della Politica agricola comune non ne tiene conto. Dobbiamo comprendere che produrre non è un tabù, come ci vuol far credere Bruxelles.
Occorre costruire un quadro normativo favorevole alle imprese, affinché ritorni l'entusiasmo per il lavoro in agricoltura. Gli agricoltori hanno bisogno di certezze e di stabilità per poter programmare le produzioni, investire e competere. Quindi servono scelte precise a livello comunitario, ma anche nazionale, per orientare di più i produttori al mercato, e per creare un argine alla volatilità dei prezzi mondiali.
Aumentare la produzione e governare lo sviluppo con politiche mirate alla stabilità ed all’equità dei mercati; dare know how ai Paesi sottosviluppati; favorire i programmi di internazionalizzazione ma impedire il land grabbing; assicurare cibi  salubri e sicurezza alimentare: sono questi gli obiettivi da raggiungere.
Da ricordare oggi, da concretizzare domani.