Viaggio nel labirinto della burocrazia

02/12/2013

Le regioni per stilare i piani di sviluppo rurale impiegano 9 kg di carta

L’Academy di Confagricoltura del 12 novembre è stata incentrata sul tema della burocrazia. “Troviamo la via d’uscita! Viaggio nel labirinto della burocrazia”, questo il titolo emblematico dell’evento che si è svolto a Roma e che ha visto la partecipazione di protagonisti del mondo istituzionale, di quello imprenditoriale e dirigenziale del sistema Confagricoltura, oltre ai rappresentanti della stampa. Nel corso della mattinata sono stati tanti i punti su cui si è riflettuto: la problematicità legata al numero di PSR in Italia (praticamente uno per ogni regione), la lunghezza degli stessi (fino a 2000 pagine in alcune regioni); la necessità di ricondurre tutti i PSR ad un unico standard o almeno a tre, quattro modelli che tengano conto della varietà e dell’eterogeneità delle diverse esigenze regionali; l’altrettanto urgente necessità di un coordinamento costante e sistematico tra Stato, Regioni e Comuni; la partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza ai tavoli di concertazione in cui si decidono le misure per la semplificazione, perché l’agricoltura è un settore in cui le complicazioni burocratiche sono forse più aberranti che in altri. Sono state avanzate anche delle proposte precise al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Giampiero D’Alia, nonché al coordinatore degli assessori regionali all’agricoltura, Fabrizio Nardoni. Sono state altresì sollecitate soluzioni anche da parte loro e del Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Giuseppe Castiglione, e al sindaco di Novara, Andrea Ballarè, membro dell’Ufficio di Presidenza dell’ANCI. Il tema della burocrazia oggi nel nostro Paese è ampiamente dibattuto e – a ragione purtroppo – fonte soprattutto di lamentele. Parlarne in modo costruttivo, cogliendone in certi momenti persino gli aspetti esilaranti, rilevarne i fattori critici, ma allo stesso tempo arrivare a delle proposte di soluzioni, non era affatto scontato. Questo era l’obiettivo che Confagricoltura si era data con l’ Academy, e si può dire pienamente raggiunto con la sessione di lavori. Confagricoltura è uscita da questo incontro con le idee ancora più chiare, con delle promesse da parte degli interlocutori politici che si sono impegnati a procedere nella direzione richiesta dalla Confederazione e con la determinazione più forte di prima a proseguire la sua battaglia per la semplificazione normativa e la riduzione degli oneri per le imprese.
“L’imprenditore agricolo tragicamente si perde nel labirinto della burocrazia; la mancata semplificazione è la prima causa della non competitività delle imprese italiane, viene ancora prima della carenza di infrastrutture”. Lo ha evidenziato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi chiudendo i lavori dell’Academy della sua Organizzazione, tutta focalizzata sul ‘problema dei problemi’, come l’ha definito.
Secondo i dati presentati da Confagricoltura all’Academy, due giornate alla settimana, ovvero cento giornate all’anno, sono dedicate dagli imprenditori agricoli alla gigantesca macchina burocratica. “Mancata semplificazione normativa, lungaggini burocratiche, bassa qualità dei servizi pubblici e onerosità degli adempimenti, controlli asfissianti e non coordinati, costringono l’imprenditore a dedicare cento giorni all’anno per far fronte ad una mole di carte, timbri, procedure, sottraendo così tempo e denaro ai compiti prioritari di un’impresa – ha osservato ancora il presidente di Confagricoltura -. I nostri imprenditori dovrebbero impegnare tutte le loro energie, ancor più nei periodi di crisi, a fare business e ad esportare a prezzi concorrenziali, a mantenere occupazione e non a combattere con i burocrati”.
La burocrazia ‘pesa’, nel senso letterale del termine. Ad esempio i Piani di sviluppo rurale italiani (PSR) – che sono il simbolo della complicazione burocratica - sono composti in media da 600 pagine più una serie di allegati di varia natura che oscillano tra le 800 e le 1600 pagine, che bisogna necessariamente conoscere se si vuole beneficiare delle misure. Per un peso complessivo tra 4 e 8,5 Kg di carta, senza quantificare tutti i documenti attuativi, i bandi per la presentazione delle domande, i documenti modificativi e integrativi.
Guidi ha ricordato i ‘pilastri’ dell’azione per rilanciare il settore agricolo: il potenziamento dell’export, l’accesso al credito, l’incremento della ricerca e dell’innovazione, il coordinamento delle politiche europee, nazionali e regionali mettendo al centro l’attività imprenditoriale. “Ma prima di tutto serve – ha aggiunto – uno Stato che sia il primo collaboratore e non l’affossatore dell’attività imprenditoriale. È dannoso e controproducente uno Stato che mostra solo il lato duro e vessatorio (incremento degli oneri fiscali e previdenziali, controlli oppressivi, procedure complicate, dispendiose) e non quello collaborativo, che faciliti e non pregiudichi. Che semplifichi e si fidi delle imprese, non dimenticando che sono esse che danno occupazione, crescita e ripresa”.
Il presidente Guidi ha quindi evidenziato le proposte della sua Organizzazione: taglio delle funzioni per tagliare le spese della burocrazia (da sempre, ad esempio, Confagricoltura si è espressa per l’abolizione delle Province); sportelli unici Inps, Inail, Asl, Agea, Ispettorati Agrari, Uma, Guardia Forestale (che vuol dire anche controlli accorpati); semplificazione procedurale e superamento delle lungaggini che si traducono in un danno (si pensi ai contributi della Pac ai produttori, che vanno erogati celermente, e poi alle pratiche per i progetti dei Piani di sviluppo rurale).
“Alcuni nostri imprenditori hanno raccontato oggi le loro vicende, i loro drammi, il loro vivere nel labirinto senza trovare la via d’uscita; questo Stato ha il bandolo della matassa, il famoso filo di Arianna, ma fa di tutto per nasconderlo – ha concluso Mario Guidi - . È devastante e, se mi permettete, anche vergognoso sentire che un’azienda sia costretta ad alzare la bandiera bianca della resa, a chiudere e licenziare perché ha sbagliato a pagare al fisco un euro a dipendente e l’Amministrazione non ha trovato il modo per regolarizzare la sua posizione. Ma è questa l’amministrazione pubblica di cui abbiamo bisogno? Di cui hanno necessità le imprese?”.