Cresce l’interesse verso il contratto di compartecipazione Attenzione, però!

14/01/2015

Negli ultimi tempi diversi associati ci chiedono consulenza sul contratto di compartecipazione e per questo riteniamo di dovere affrontare tale argomento al fine di contribuire a fare un po’ di chiarezza, in quanto a nostro avviso aleggia un po’ di confusione.
I contratti atipici di compartecipazione agraria, assumomo forme molteplici e non hanno caratteristiche precise, perchè partecipano al tempo stesso della natura della colonia parziaria e di quella del contratto di lavoro.
Preliminarmente occorre accertare a quale titolo il compartecipante disponga di una parte di prodotti del fondo rustico o dell’azienda; occorre risalire cioè alla volontà dei contraenti per stabilire se essi abbiano convenuto tale partecipazione come mero corrispettivo per la prestazione di lavori forniti ovvero come concorso all’esercizio dell’attività imprenditoriale comune al concedente ed al compartecipante.
La giurisprudenza ebbe a precisare fin dal 1952 che quando un contratto agrario non ha per oggetto un terreno determinato bensì una quota ideale di prodotto, che possa essere considerata con mancanza di partecipazione ai capitali oltre che alle spese ed ai rischi dell’impresa, si ha un rapporto di prestazione d’opera con retribuzione in natura sotto forma di cointeressenza al prodotto e non di compartecipazione agraria.
Secondo queste ultime decisioni della Suprema Corte la compartecipazione agraria è caratterizzata dal permanere la titolarità e l’esercizio di impresa agricola nel concedente titolare di un diritto reale o personale di godimento sul fondo e nell’apporto da parte del partecipante del suo lavoro manuale per la coltivazione del medesimo.
Il compartecipante viene interessato alla coltivazione con l’attribuzione a lui della partecipazione ai prodotti del fondo, mentre le perdite della gestione restano a carico del concedente imprenditore, essendo la sopportazione del rischio da parte del compartecipante limitata al non conseguimento della quota di prodotti a lui spettante o ad un conseguimento inferiore alle aspettative. Per contro la compartecipazione prevista dalle leggi di proroga è un contratto agrario parziario a struttura associativa.
In tali casi il contratto di compartecipazione di natura associativa è strutturalmente coordinato all’impresa; anzi è esso stesso costitutivo della organizzazione e segna la nascita dell’impresa.
Gli elementi caratteristici il contratto di compartecipazione a struttura associativa sono i seguenti:
• avere ad oggetto un fondo di tale estensione e grado di produttività da assorbire la prestazione continuativa di almeno una unità coltivatrice;
• il fondo è affidato al compartecipante per un periodo di tempo sufficiente ad assicurargli la compartecipazione al risultato dell’intera produzione durante il ciclo delle coltivazioni;
formazione di una azienda comune con organizzazione anche minima dei fattori della produzione e che l’apporto del coltivatore non sia limitato al solo lavoro;
• vi sia partecipazione comune alle spese di coltivazione.
Nel tentativo di distinguere le due forme di contratto di compartecipazione la giurisprudenza ha correttamente posto in evidenza come elemento di differenziazione la circostanza che nella compartecipazione di natura associativa equiparabile ai contratti di mezzadria e colonia parziaria vi è la partecipazione di ambedue i soggetti del rapporto alle spese agli utili ed ai rischi d’impresa. Conseguentemente questo particolare contratto è soggetto a tutte le prescrizioni poste dalla legislazione agrarista per i contartti di natura associativa.
Non sempre però questo elemento apparentemente del tutto univoco di per sé può servire a discriminare l’uno e l’altro tipo di compartecipazione. Non è infatti raro il caso in cui anche nella compartecipazione rapporto di lavoro i compartecipanti partecipino almeno ad alcune spese per la coltivazione del fondo o impieghino attrezzi o macchine senza che il datore di lavoro corrisponda una qualche tariffa di noleggio o equipollente prestazione.
Senza dimenticare poi che anche nella compartecipazione il rapporto di lavoro così come in genere accade in qualsiasi forma di cointeressenza ex art. 2099 c.c. può incombere sul compartecipante prestatore di lavoro l’accollo dei rischi; in agricoltura l’ipotesi può verificarsi in conseguenza della perdita totale o parziale del prodotto per avversità atmosferiche o l’insorgenza di altro evento fortuito. Ne consegue quindi l’importanza che riveste al momento della conclusione del rapporto l’impegno per il datore di lavoro di assicurare al compartecipante il cosiddetto minimo garantito da corrispondersi ovviamente in denaro nell’eventualità della perdita totale o parziale dei prodotti dei fondi.
Questo elemento che manca del tutto nalla compartecipazione di natura associativa riveste dunque un’importanza fondamentale per qualificare la compartecipazine come rapporto di lavoro, specie quando sia collegato ad altri elementi quali la variazione annuale degli appezzamenti da coltivare e la mancata redazione di un piano colturale da concordarsi con il compartecipante la direzione dei lavori l’assunzione del datore di lavoro delle opere di preparazione del terreno.
Il legislatore del 1982 ha manifestato in termini inequivocabili il proprio disfavore verso la compartecipazione di natura associativa confermando così la scelta contenuta nella legge n. 750/04 che aveva disposto la abolizione della compartecipazione stabilendone la confluenza nel rapporto di lavoro subordinato o nella colonia parziaria salvo quanto disposto per la compartecipazione stagionale e la concessione intercalare.
Per questo il legislatore con la legge n. 203/82 di riforma dei contratti agrari ha stabilito salvo il caso di conversione del rapporto associativo in affitto (art. 25 e ss. l. n. 203/82) l’estinzione di siffatti rapporti al massimo entro 10 anni dall’entrata in vigore della nuova normativa. Il legislatore cioè portando avanti il processo di tipizzazione verso l’affitto ha considerato questo l’unico contratto in grado di assicurare la piena imprenditorialità del conduttore.
Tuttavia il legislatore ha lasciato in vita nel campo del diritto agrario (e quindi con esclusione delle compartecipazioni qualificabili di mero rapporto di lavoro) la sola compartecipazione per colture stagionali di cui all’art. 56 legge n. 203/82.
Già tale forma di compartecipazione era esclusa dal regime di proroga legale (art. 2 l. n. 756/64). Sull’art. 2 l. n. 756/64 è opportuno sottolineare che la norma fa riferimento a “singole” coltivazioni stagionali o intercalari con una precisazione che previene interpretazioni elusive della finalità della legge. Perchè le nuove disposizioni vadano considerate applicabili, dovrà trattarsi non solo di contratti agrari di compartecipazione ma di rapporti limitati ed eccezionali sia nel tempo in relazione alla natura dell’intero anno agrario (e perciò di coltivazioni stagionali o intercalari) sia nell’estenzione come deriva dal termine “singole coltivazioni”; dovrà trattarsi di “coltivazioni limitate rispetto alla superficie del fondo o rispetto alle colture normali del terreno”.
Tali principi hanno conservato la loro efficacia e validità anche sotto il vigore della l. n. 203/82 (art. 56).
Va ricordato che con riferimento all’art. 56 l. n. 203/82 che esclude dall’applcazione della nuova disciplina dei contratti agrari, la compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, si è osservato che se non si vuole dilatare il concetto di coltivazione stagionale sino ad essere questa un modo per eludere l’applicazione della normativa generale, non si può parlare di coltivazione stagionale quando o la stessa assume importanza preminente nell’economia della coltivazione del fondo o si svolge per un periodo di tempo quasi annuale.
La giurisprudenza di merito che si è occupata del problema ha precisato che concettualmente le coltivazioni intercalari sono quelle cosiddette secondarie che si praticano dopo il raccolto di colture principali e prima della lavorazione degli impianti dello stesso tipo mentre le colture stagionali devono essere ritenute quelle di durata non molto eccedente quella trimestrale delle stagioni naturali.
Al di fuori di questi rigidi limiti non può trovare applicazione l’art. 56 l. n. 203/82.
Riteniamo necessario quindi prima di sottoscrivere contratti di compartecipazione tenere in debita considerazione quanto sopra.
I nostri uffici sono a disposizione per fornire tutta la consulenza necessaria.

A cura di Mario Rendina