In breve del 12 Gennaio 2015

12/01/2015

Il mercato dei cereali e dei semi oleosi 
Durante il periodo natalizio il mercato nazionale è rimasto praticamente fermo, visto che i giorni di borsa a Foggia e Bologna sono coincisi con i giorni festivi e che l’unica piazza a rilevare i prezzi è stata Milano. A livello internazionale le transazioni sono proseguite, seppur sotto tono, visto che i mercati hanno avuto gli occhi puntati su due fenomeni contingenti di grande impatto: la svalutazione dell’euro e il crollo del prezzo del petrolio, sceso ormai a sotto i  50 dollari al barile. L’insieme di questi fattori, unito ai cali degli indici delle borse valori, sembra sostenere per il momento le quotazioni dei cereali (soprattutto frumento tenero e orzo) e dei semi oleosi.  Le quotazioni del frumento tenero nazionale sono rimaste invariate rispetto al periodo pre-natalizio: 204,50 euro/t per il panificabile a Milano e 201 euro/t per il fino a Bologna. Visti gli aumenti del frumento estero, si può ragionevolmente ritenere che nelle prossime settimane ci siano spazi per ulteriori rialzi. Sulle piazze internazionali l’andamento è stato scostante: a Parigi il future di gennaio si è attestato attorno ai 200 euro/t; l’ultima quotazione (lunedì 5 gennaio) è di 198,75 euro/t. Tendenza ribassista invece negli Usa: a Chicago il future di marzo è sceso nuovamente sotto i 600 cent/bushel, attestandosi a 589 cent/bushel (179,72 euro/t), nonostante le crescenti preoccupazioni per il «winter kill», ossia per i possibili danni derivanti da un inverno con temperature molto rigide ma senza la protezione della neve sulle colture. L’assenza di neve riguarda anche le coltivazioni in Ucraina e nella Russia meridionale. Intanto le esportazioni comunitarie vanno piuttosto bene grazie al cambio competitivo dell’euro e alle limitazioni all’esportazione imposte dal governo russo, che saranno operative a partire da febbraio. A Rouen l’ultima quotazione fob è di 199 euro/t. A eccezione dell’aumento di un euro alla tonnellata per la quotazione minima di Milano, il mercato del mais nazionale non ha registrato variazioni di rilievo. Gli ultimi prezzi medi rilevati sono di 147 euro/t a Milano e 161 euro/t a Bologna. Un tale differenziale tra le due maggiori piazze nazionali può essere solo spiegato dal gap qualitativo tra la produzione del Nord-Ovest e quella del Nord-Est e dell’Emilia, che però dovrebbe essere destinato ad assottigliarsi nei prossimi mesi. I mercati internazionali sono stati caratterizzati da una grande volatilità. Il Matif (future di marzo) ha oscillato tra i 162 e i 168 euro/t, per stabilizzarsi lunedì 5 gennaio sui 166,75 euro/t. La tendenza degli operatori è quella di comprare titoli, segno che ci si aspetta altri rialzi. Andamento analogo anche a Chicago, dove il future di marzo ha chiuso lunedì a 406 cent/bushel (132,48 euro/t). L’andamento non favorevole dei mercati finanziari rende appetibili gli investimenti sulle commodities agricole e il mais è sicuramente destinato a fare la sua parte. Anche le quotazioni sul mercato fisico sono tendenzialmente in crescita. A Bordeaux l’ultimo prezzo rilevato è di 155 euro/t, ma durante il giorno dell’Epifania si registrano vendite realizzate a 162 euro/t. Bisognerà però fare attenzione all’offerta sudamericana, che si preannuncia soddisfacente in termini quantitativi. Come per gli altri cereali non c’è molto da segnalare per l’orzo nazionale. Le ultime quotazioni sono di 193,50 euro/t a Milano e 194 euro/t a Bologna.  Il mercato per pronta consegna in Francia sconta una domanda fiacca e una scarsa competitività al livello internazionale (nonostante l’euro debole), che fa sì che le quotazioni siano tendenzialmente stabili. L’ultima quotazione per merce resa al porto di Rouen è di 175 euro/t, ma nelle zone interne si pagano prezzi molto più bassi. Per quanto riguarda il riso Il totale delle vendite a metà dicembre – ultimi dati disponibili rilevati dall’Ente Risi – era di 582.439 tonnellate, contro 489.334 dello stesso periodo dell’anno precedente (+19%). Il confronto con l’anno scorso – come fa rilevare l’Ente Risi - evidenzia un aumento di 93.105 t: +43.090 t di «lunghi A», +29.649 t di «tondi», +18.184 t di «lunghi B» e +2.182 t di «medi». Il bilancio di collocamento dell’Ente Risi presentato al Ministero delle Politiche agricole spiega che l’aumento del consumo interno (+14,5%) è dato anche dalla crescita di immigrati nel nostro Paese. I prezzi dei risoni nazionali risultano stabili alla Borsa Merci di Vercelli.

Le esportazioni, in base ai dati dell’Ente Risi, si attestano a 77.272 tonnellate, in aumento di 29.203 tonnellate (+60,8%) rispetto al dato registrato lo scorso anno. Sul mercato internazionale sono in calo i prezzi del California Medium grain 1/4%, quotato 915 dollari (-25 dollari), il Pakistan 5% (-10 dollari) che vale 375 dollari. In calo anche il Pakistan 25% (-10 dollari), quotato 335 dollari, l’India 5% (-5 dollari), quotato 390 dollari e il Cambogia 5% (-5 dollari), quotato 455 dollari. In aumento invece il Vietnam 5%, che sale di 5 dollari fissando il prezzo a 395 dollari. Le ultime quotazioni dei semi di soia nazionali sono in aumento. A Milano il 30 dicembre il prezzo ha segnato +4 euro/t (351,50 euro/t), a Bologna il 18 dicembre +3 euro/t (347 euro/t). Invariato il prezzo dei semi di girasole (Bologna 278,50 euro/t). A Chicago il future di gennaio è ormai in scadenza, l’ultima quotazione è di 1039,6 cent/bushel, dopo che il 2 gennaio era crollata a poco più di 10 dollari/bushel. Da notare è che le scadenze successive segnano prezzi più elevati (marzo: 1.053,4 cent/bushel, 323 euro/t). Il mercato resta però molto volatile, anche perché le prospettive del raccolto brasiliano sono molte buone. Andamento analogo anche per i semi di colza. Il future di febbraio del Matif ha chiuso lunedì 5 gennaio a 355,25 euro/t. Nonostante l’elevata volatilità il trend sembra essere in crescita.

Pensione di vecchiaia, dal prossimo anno (2016) ci vorranno 66 anni e 7 mesi
Dal primo gennaio 2016 ai lavoratori dipendenti maschi, sia del privato sia del pubblico e ai lavoratori autonomi, per andare in pensione di vecchiaia non basteranno più 66 anni e tre mesi d’età, come fino alla fine del 2015, ma ci vorranno 66 anni e sette mesi (oltre a un minimo di 20 venti anni di contributi). Stessa cosa per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego, mentre per quelle del settore privato l’aumento, sempre nel 2016, sarà più forte perché segue uno specifico percorso di armonizzazione previsto dalla legge, che prevede un aumento da 63 anni e 9 mesi, valido fino al termine del 2015, a 65 anni e 7 mesi. Discorso analogo per le lavoratrici autonome che passeranno dagli attuali 64 anni e 9 mesi a 66 anni e un mese dal primo gennaio 2016.  Aumenta di 4 mesi anche il massimo di età fino al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare in servizio: dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. E quattro mesi in più anche per accedere alla pensione di vecchiaia prevista per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (sistema contributivo). Si passa da 63,3 mesi a 63,7.  In tutti i casi sono sempre richiesti almeno 20 anni di contributi. Per lasciare il lavoro in anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre alle donne bastano 41 anni e sei mesi. Sarà così ancora per un anno, fino alla fine del 2015. Poi dal 2016 il requisito salirà a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni e dieci mesi per le donne.