Ricerca scientifica e Flavescenza dorata - Importante convegno il 25 marzo a Costigliole d’Asti

03/04/2015

Fino a ieri sembrava quasi che le ricerche scientifiche sulla biologia della vite fossero completamente staccate dalle ricerche sulla biologia del fitoplasma della Flavescenza dorata e che l’unico oggetto di studio fosse la lotta all’insetto vettore, il ben noto Scafoideus titanus.
Poteva sembrare che fosse così, ma durante il convegno che si è svolto a Costigliole d’Asti lo scorso 25 marzo 2015 – voluto fortemente dall’Assessore Regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero – abbiamo capito che da alcuni anni la ricerca scientifica sta studiando le interazioni vite-insetto-fitoplasma, ponendo particolare attenzione a questo sistema biologico per cercare soluzioni da affiancare all’attuale strategia di difesa basata sulla lotta all’insetto vettore.
Il convegno ha messo in luce, grazie all’intervento di Sabrina Palmano (IPSO – CNR), quali siano le modificazioni biochimiche che il fitoplasma induce nella pianta infetta e le differenze che queste modificazioni inducono in diversi vitigni (per ora solo Nebbiolo e Barbera) sull’espressione dei sintomi.
Quindi Claudio Lovisolo dell’Università di Torino ha chiarito le basi scientifiche del meccanismo per cui alcune piante di vite infette, con differenze tra varietà e varietà, siano in grado di far regredire la malattia grazie al fenomeno noto con il nome di “recovery” (spesso abbreviato con REC) che non è solo una remissione dei sintomi, ma una vera e propria guarigione della malattia per cui il fitoplasma scompare letteralmente dal corpo della vite e la pianta sembra diventare refrattaria a nuove infezioni, aspetto, questo, però tutto da confermare. Ha però concluso il suo intervento rimarcando che il “recovery” è importante per la gestione del vigneto che riduce l’importanza dell’estirpo delle piante sintomatiche (non più obbligatorio nella Provincia di Alessandria in quanto zona insediamento) ma che non intacca minimamente i problemi epidemiologici (se non addirittura li può aggravare inducendo i viticoltori alla sbagliatissima convinzione che dalla Flavescenza la vite si curi da sé).
Il fenomeno del “recovery” anche in Legno nero è stato spiegato anche da Rita Musetti, dell’Università di Udine che ha messo il “recovery” in relazione a spontanee modifiche strutturali nei vasi che trasportano la linfa elaborata e nel ritorno a un normale metabolismo del saccarosio. Ha concluso che però non si è ancora in grado di indurre il “recovery” nelle viti sintomatiche.
Il biologo e patologo francese Xavier Foissac dell’INRA - Università di Bordeaux ha sottolineato che anche le ricerche francesi sulle interazioni tra fitoplasma e diverse cultivar di vite portano a differenti sviluppo della malattia e dei sintomi, confermando i risultati delle ricerche italiane.
Xavier Foissac ha anche sottolineato l’importanza dell’attività dei viticoltori nel monitoraggio della malattia con il supporto dei tecnici per la lettura delle trappole, organizzazione che in Francia ha consentito di abbattere nuove infezioni e di organizzare sistemi di lotta insetticida razionali ed efficaci.
La ricerca, ha sottolineato Andrea Schubert dell’Università di Torino nel suo intervento, sta cercando di studiare le risposte alla Flavescenza della vite allevata in condizioni controllate – cosa fino ad oggi non sperimentata – per poter individuare fattori utili al miglioramento delle tecniche di induzione del “recovery” e delle interazioni tra vite, fitoplasma e insetto.
Quindi sono state comunicate le prime risultanze delle ricerche sulle induzioni di resistenza nella vite con batteri, funghi simbionti e fitoregolatori chimici e sulle basi genetiche di varietà extraeuropee resistenti alla fitoplasmosi con gli interventi di Cristina Marzachì (CNR), di Paola Bonfante (Università di Torino), di Elisa Gamalero (dell’Università del Piemonte Orientale di Alessandria) di Piero Attilio Bianco (Università di Milano) e di Simone Lavezzaro (Centro di Saggio Viten di Calosso).
Al termine del dibattito a conclusione del convegno, l’Assessore Ferrero ha sottolineato come i diversi percorsi battuti dalla ricerca scientifica finalmente portino una ventata di speranza per il raggiungimento di un sistema di difesa dalla Flavescenza dorata che possa portare fino ad un suo contenimento economicamente sostenibile, senza rassegnarci all’attuale drammatica situazione. Occorre però mantenere “dritta la barra”, proseguendo nella lotta secondo gli attuali principi di difesa.
Gli ha fatto eco Paola Gotta del Settore Fitosanitario Regionale che ha ribadito il concetto che se grazie al “recovery” alcune (o anche molte) piante infette possono guarire dalla Flavscenza dorata, per cui assume sempre più importanza l’eliminazione della vegetazione sintomatica ogni qual volta compaia nel vigneto, rimane aperto e scottante in tutta la sua drammatica gravità il problema della difesa delle piante sane dagli attacchi dell’insetto vettore, per cui non si deve assolutamente abbassare la guardia, continuando ad effettuare i trattamenti insetticidi nei tempi e nei modi corretti, eliminando la vegetazione sintomatica e pulendo gli incolti dalla vite selvatica, il vero serbatoio dell’infezione da Flavescenza dorata.

Marco Visca