Anche la Lombardia ha avuto l’approvazione del Psr, mentre noi ci stiamo ancora consultando informalmente con la commissione europea

27/07/2015

Inoltre la revisione del piano che la regione ha spedito a bruxelles non è stata condivisa con le organizzazioni.

Sburocratizzare si può, basta volerlo. Con il prossimo Psr si potrà adottare il metodo “costi semplificati”. Sarà la volta buona?

La Commissione europea – ci aggiorna L’Informatore Agrario - ha adottato il Programma di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia per il periodo 2014-2020. Si tratta del settimo PSR italiano a ricevere il via libera dalle istituzioni UE. Il piano vale 1,2 miliardi, di cui 499 milioni di fondi europei, e pone enfasi sul sostegno alla competitività delle imprese agricole e sul recupero e valorizzazione degli ecosistemi. Le risorse verranno impegnate soprattutto in misure a favore di ristrutturazione e investimenti (409 milioni), azioni agroambientali e di contrasto ai cambiamenti climatici (240,3 milioni), silvicoltura (103,2 milioni) e aree svantaggiate (78 milioni). Le altre regioni che hanno già avuto l’approvazione del Psr sono il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Molise e la Provincia autonoma di Bolzano.

E il Piemonte? Come ci informa il direttore regionale dell’Agricoltura Gaudenzio De Paoli, “la Regione ha inviato alla Commissione europea per la consultazione informale dei Servizi la proposta di PSR 2014-2020 revisionata in base alle osservazioni della stessa Commissione; il testo è scaricabile dal sito:

 www.regione.piemonte.it/agri/psr2014_20/testoNegoziato.htm”.

Il direttore dell’Agricoltura informa ancora che “nel corso del mese di agosto sono attesi i risultati della consultazione, ossia le ulteriori osservazioni da parte dei diversi Servizi della Commissione (oltre alla Direzione Generale Agricoltura, fra le altre, la DG Ambiente, la DG Clima, la DG Innovazione, la DG Regio e la DG Concorrenza)” e che “auspicabilmente si potrà svolgere nei mesi di settembre e ottobre la fase finale del negoziato, compresa la consultazione del partenariato, per arrivare all'approvazione del PSR nell’autunno 2015”.

Stando ai fatti: 6 regioni e una provincia autonoma hanno già il PSR approvato, mentre il nostro è ancora in alto mare, in quanto siamo alle “consultazioni informali”.

Sempre stando ai fatti: il 26 giugno scorso (un mese fa) Confagricoltura Piemonte aveva inviato all’assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero una lettera a firma del presidente regionale Gian Paolo Coscia per chiedere un confronto sulla proposta di revisione del Psr. La lettera evidenziava che “in riferimento al PSR 2014-2020 e alla cospicua documentazione che ci sta pervenendo in questi giorni su alcune misure e sulla tabella finanziaria, segnaliamo che il poco tempo a disposizione non ci permette di formulare per iscritto le necessarie osservazioni, come vorremmo. Pertanto, riteniamo che solo un confronto diretto, tramite il Tavolo verde opportunamente convocato, possa consentirci di discutere, approfondire ed eventualmente condividere quanto contenuto nei documenti predisposti”.

Dalla Regione, a questo riguardo e fino a oggi, non sono ancora pervenute risposte. Il fatto che il documento, seppur “informalmente”, sia stato inviato a Bruxelles e pubblicato sul sito della Regione, ci induce a pensare (arguti!) che l’assessore ritenga ormai superfluo il confronto sull’argomento. Prendiamo atto della situazione, realisticamente, senza nessuna polemica e sperando in bene. Ma tenendo presente che, al momento, altre regioni che si confrontano con noi sul terreno della produzione e della commercializzazione di prodotti agroalimentari di qualità godono di un vantaggio competitivo importante, avendo già pronto uno strumento di sostegno alle imprese che noi attenderemo ancora per qualche mese.

 In attesa che il Psr completi il suo (tortuoso) percorso apprendiamo che è possibile, a condizione che la Regione e in Ministero si accordino sull’opportunità, adottare il metodo “costi semplificati” per i contributi della prossima programmazione. In pratica: la pubblica amministrazione definisce tutta una serie di costi standard e si limita al controllo finale dei risultati raggiunti, erogando i contributi sulla base di tabelle predefinite. Si tratterebbe di un taglio netto alla burocrazia (e alla possibilità di compiere errori). Presentata la domanda e indicati gli interventi da adottare (acquisti di macchine, miglioramenti fondiari, costruzioni o ristrutturazione di immobili, etc.) non sarebbe più necessario presentare computi metrici, business plan, eseguire controlli formali su fatture e pagamenti. Beninteso: le fatture dovranno essere regolarmente emesse e tutti i pagamenti dovranno essere regolarmente tracciati, perché così impongono le regole fiscali, ma non sarà più necessario, per esempio, presentare tre copie dei preventivi per l’acquisto di ogni singola macchina o attrezzatura e le ricevute di bonifici bancari per dimostrare i pagamenti dei lavori effettuati. L’amministrazione potrà sempre effettuare le sue verifiche a campione, ma senza costringere gli agricoltori e le organizzazioni che li assistono a preparare pacchi di carta per ottenere collaudi e finanziamenti. L’idea è troppo semplice e per questo – ci piacerebbe essere smentiti – ben difficilmente avrà seguito. Ma altri Paesi europei invece l’adotteranno, aggiungendo un altro vantaggio competitivo per le loro imprese.