L’impatto delle riforme istituzionali

30/12/2015

Oggi viviamo e affrontiamo profonde trasformazioni sul piano sociale ed economico, che si riflettono sugli assetti istituzionali, che devono adeguarsi a questi nuovi fermenti e prospettive di cambiamento.
Come alcuni studiosi hanno colto, il cambiamento sociale rischia di determinare l’eclissi delle “società di mezzo”, che costituisce uno dei pilastri del nostro sistema organizzato, che è strutturato intorno ai corpi intermedi, posti tra Stato e società.
La rappresentanza ha costituito una fascia intermedia di interessi, di problemi e di identità.
Essa si è allargata ai settori produttivi, al mondo del lavoro, agli ordini professionali, al terzo settore, alle più diversificate forme di associazionismo. Insomma, un modo di organizzare la vita sociale, costituendone la forma di dialettica collettiva più vitale.
La stagione di rappresentanza caratterizzata da politiche identitarie e da una forte carica ideologica vissuta in passato (di cui è testimone la storia della nostra organizzazione) ora è passata. La rappresentanza dei corpi intermedi, per essere efficace oggi deve essere improntata al pragmatismo; non deve ridursi tanto a propugnare l’affermazione di un modello socio-economico, ma deve dimostrare forte capacità di tutela degli interessi precisi, con conseguenti scelte di politica sindacale mirate e focalizzate a raggiungere obiettivi di effettiva crescita degli associati.
Il quadro sociale d’altronde non è facile: è segnato da un populismo che avanza quanto mai proteiforme, ma che non agevola il rapporto fra i modelli organizzativi, l’azione e l’impegno sindacale di Confagricoltura su diversi fronti.
All’Organizzazione agricola è richiesta una forte capacità di sintesi e quindi di mediazione nei corpi intermedi, per evitare frammentazioni, ovvero disallineamenti, che si riflettono sull’organicità dell’azione sindacale. In questo quadro, sicuramente denso di incertezze, di crisi dei sistemi di rappresentanza, che quotidianamente debbono soddisfare esigenze concrete degli associati, di variabili, anche economiche, non facilmente prevedibili nella loro dinamica, si collocano i necessari assetti istituzionali.
Questi non possono rimanere impermeabili ai nuovi spazi che si aprono nell’organizzazione del consenso, che, pur sempre, deve coagularsi intorno ad un progetto, a dei programmi, a delle scelte da condividere, per esprimere una strategia di indirizzo la più coinvolgente ed “orizzontale”, per alimentare il contributo e l’apporto convinto ed efficace dei vari livelli di rappresentanza della struttura sindacale.
In pillole vediamo assieme qual è l’impatto delle riforme istituzionali:
1. Le Organizzazioni di rappresentanza devono ripensare missione, strategia, obiettivi e organizzazione anche per l’influenza che le riforme istituzionali hanno sul sistema associativo. Non basta negare una crisi della rappresentanza, occorre approfondirne i motivi e ripensare il patto che le lega agli associati, tenuto anche conto del superamento delle identità ideologiche.
2. I riferimenti del territorio si modificano, i poteri si trasferiscono a volte verso l’alto, a volte verso il basso. La dimensione provinciale non corrisponde più allo schema istituzionale, anzi uno stesso territorio può trovarsi a rispondere a diverse geometrie di aggregazioni (area metropolitana, aree vaste, Camere di commercio e altro). Tra l’altro alle imprese interessa veramente la funzionalità economica prima che amministrativa: quindi facilità di collegamenti fisici, aggregazioni imprenditoriali, poli infrastrutturali. Sul fronte dei servizi, poi, la dimensione provinciale non esiste da un punto di vista di produzione ed erogazione. Il sistema Confagricoltura è chiamato perciò ad un lavoro di ridisegno della propria mappa.
3. La capacità di dialogo tra Confagricoltura e le istituzioni centrali e locali diventa ancor più strategica: la dimensione regionale si rafforza (anche per le modalità elettive del nuovo Senato), la dimensione comunale si aggrega e si rafforza specie nelle aree metropolitane. Diviene ancor più cruciale oggi saper presentare un sistema capace di proposta, di interlocuzione attenta ed intelligente, dotato di competenze diffuse in grado di sostenere un confronto costante con le istituzioni a tutti i livelli. Questo vale anche per le scelte economiche sui territori, dove la dimensione regionale delle Federazioni di prodotto e la capacità di rappresentare le filiere va certamente rafforzata.
4. Rimane da stabilire come affrontare questo processo di ridisegno: lasciandolo alle libere scelte locali oppure definendo dei parametri di consistenza standard delle associazioni (modello Confindustria, Camere di commercio), oppure disegnando di comune accordo la nuova mappa con l’impegno di ogni Unione a mettersi in discussione?