CAI: agromeccanici insostituibili nell'agricoltura biologica

16/11/2017

“In attesa che l’Unione europea approvi la riforma del biologico e che il percorso del Testo unico del bio a livello nazionale possa concludere il proprio iter legislativo, la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani ribadisce il proprio impegno a sostenere la crescita tecnica e dimensionale di un settore ormai uscito da una stretta dimensione di nicchia e proiettato verso maggiori livelli di responsabilità, nel quadro più generale di sviluppo di un’agricoltura globale altamente sostenibile”.

Così afferma il presidente di Cai, Gianni Dalla Bernardina, mettendo in luce gli effetti positivi dell’agricoltura biologica in termini di lotta ai cambiamenti climatici e alla tutela del suolo.

“L’impresa agromeccanica svolge un ruolo insostituibile nell’ambito dell’agricoltura biologica – dichiara il vicepresidente, Sandro Cappellini – sia in termini di operazioni in campo che nel sistema dei controlli, dove l’attività di controllo degli operatori agromeccanici può offrire un servizio supplementare di certificazione del prodotto”.

Nel cosiddetto “organic”, l’unica alternativa alla difesa chimica è costituita, infatti, dalle lavorazioni: dall’aratura per ridurre la carica infestante di semi e patogeni, alle sarchiature; dalle lavorazioni del terreno per l’eliminazione delle malerbe in pre-semina, alle erpicature con strigliatore, che richiedono – sottolinea però Cai - il rispetto puntuale dei tempi di intervento, in modo da operare un diserbo meccanico selettivo.

Anche le coperture vegetali seminate (cover crops) possono essere un’alternativa, ma manca ancora una sperimentazione che consenta di contenerne i costi. Un aspetto sul quale i contoterzisti sono disponibili a condividere un percorso sperimentale mirato.

Resta una questione da risolvere, legata come sempre alle sperequazioni nei confronti degli agromeccanici. “Come al solito le nostre aziende dovranno investire al buio – critica Cai – perché l’attuale sistema di sostegno prevede che i contributi per il biologico vadano all’agricoltore, che è un soggetto ben diverso da quello che materialmente acquista le macchine.

I contratti di filiera possono essere utili,  ma bisogna arrivare a un rovesciamento positivo della prospettiva, sostenendo la catena agroalimentare  dall’inizio, cioè dalle lavorazioni e i relativi investimenti, e non dalla fine della parte produttiva, cioè dalla granella in tramoggia, come è stato inteso fino ad ora”.

Fonte: Agricolae.eu