Allevatori di suini preoccupati, mercato fiacco e costi di produzione in aumento

15/05/2020

Nel terzo mese del 2020, secondo ISMEA, il prezzo medio al consumo della carne suina fresca è risultato pari a 7,39 euro/kg, in aumento sia rispetto al mese precedente (+2,3%), sia rispetto allo stesso periodo del 2019 (+10,1%). Lo stesso trend vale per il prosciutto crudo di Parma, in crescita sul mese precedente (+2,2%) e sullo stesso periodo dell’anno scorso (+5,6%). Queste dinamiche pesano direttamente sulle tasche dei consumatori italiani in questo tempo di crisi e lasciano l’amaro in bocca agli allevatori di suini che, invece, hanno visto i prezzi per i capi da macello destinati al circuito tutelato in forte flessione (-21,6% le rilevazioni di aprile 2020 rispetto a dicembre 2019) e i ricavi non sufficienti a coprire i costi di produzione.
In Piemonte si allevano circa 1,2 milioni di capi suini, dei quali 900.000 in provincia di Cuneo. Macelli, industrie di trasformazione e prosciuttifici hanno deciso di rallentare le loro produzioni (si stima -20%, con oltre 200 mila capi in arretrato), ma il settore primario non può frenare se non con tempi troppo lunghi. E tutto il peso della crisi si riversa sul settore degli allevamenti, anello più debole della filiera. Confagricoltura ha supportato la richiesta di distogliere prodotto in eccedenza dal mercato. Togliere un certo quantitativo di cosce può aiutare, ma se non si interviene in fretta, rivedendo anche i rapporti lungo filiera, arriveremo presto al punto di non ritorno. Oggi gli allevatori perdono tra gli 80 e i 100 euro a capo e, anche ipotizzando una ripresa immediata, cosa non verosimile, ci vorrebbero mesi per esaurire le scorte.
A questo si aggiunge che il costo dell’alimentazione è in deciso aumento a causa l’innalzamento dei prezzi delle materie prime (per esempio soia e crusca) per i mangimi, per via di ritardi nell’attracco delle navi in arrivo e difficoltà nei trasporti. L’emergenza sta determinando alcuni squilibri di mercato che stanno rischiando di intaccare la fiducia degli operatori. Occorrono quindi adeguate contromisure per affrontare tale stato di crisi. A gravare anche la situazione import-export, con solo nove macelli autorizzati all’esportazione in Cina dove si può inviare solo carne congelata nello stabilimento di macellazione, senza osso, mentre si importano 53 milioni di cosce a fronte di 20 milioni prodotte.
Per Confagricoltura vanno limitate le importazioni, privilegiando i capi nazionali; vanno raccordati prezzi e costi all’origine ed al consumo. Come filiera occorre delineare una nuova suinicoltura nazionale, ragionando di programmazione produttiva, DOP ed export delle nostre eccellenze. E bisogna farlo subito.