Prezzi in discesa per il nostro riso

07/06/2010
Girino: il mercato è un po’ appesantito Mascellino: qualità italiana pagata come quella vietnamita Le preoccupazioni che stanno coinvolgendo tutte le colture agricole da qualche tempo a questa parte sembrano non aver risparmiato il riso. Come ha più volte affermato in diverse riunioni il presidente di Confagricoltura Alessandria Gian Paolo Coscia, rispetto all’anno scorso i prezzi dei risoni sono calati di quasi il 50%. Abbiamo deciso così di fare il punto della situazione con il direttore del Consorzio Vendite Risone soc. coop. di Vercelli, Gian Luca Mascellino. Direttore Mascellino, entriamo subito nel vivo: quali sono le quotazioni di questo mese? A maggio 2010 loto e selenio di bassa qualità 20 euro, centauro e selenio 20-21 euro; gladio, libero, euro, aiace e ticino 22-23 euro; loto, creso, nembo e delfino di media qualità 23-25 euro; loto di ottima qualità 27-28 euro; sant’andrea 40 euro; arborio, volano, carnaroli, karnak, baldo, galileo e roma 50 euro; vialone nano 60 euro. Da queste cifre cosa si può dedurre? E’ la legge di mercato. Ci spieghi meglio… La produzione di quest’anno è stata tale da non impensierire l’industria risiera: non c’è surplus di produzione e neanche carenza. In questa situazione i compratori sono più forti e, forse, hanno fatto leva anche sul senso di responsabilità degli agricoltori che, nei mesi di gennaio/febbraio, hanno continuato a vendere anche quando i prezzi hanno incominciato a scendere. E se i nostri produttori nei mesi scorsi non avessero venduto? Se avessero diminuito l’offerta allora i prezzi, secondo la legge di mercato, si sarebbero stabilizzati. Non c’è infatti nessun produttore convinto che il prezzo giusto del centauro o del gladio sia 50 euro, ma neanche 20 euro e, con certezza, a 20 euro i produttori non coprono i costi. Allora perché seminare di nuovo oltre 240.000 ettari e forse di più? Perché un agricoltore fa il suo lavoro, così come un industriale costruisce gli impianti per produrre. Quest’anno, però, gli agricoltori dovranno prendere in considerazione di produrre in relazione al prezzo che l’industria vuole o “può” pagare. Quali accorgimenti adopereranno i nostri imprenditori agricoli? Dovranno concimare di meno, fare meno trattamenti … coltivare sì, 240.000 ettari, ma non massimizzare la produzione. Quali benefici avranno? Questo garantirà sostanzialmente due vantaggi ai produttori: una riduzione della produzione, quindi una minore certezza di approvvigionamento per l’industria e, quindi, un mercato più stabile; la diminuzione dei costi di produzione per gli agricoltori. Su queste nuova ipotesi, o sull’ipotesi di un set-aside volontario che garantirebbe gli stessi benefici e permetterebbe uno sviluppo, ad esempio, dell’agricoltura biologica, si potrà rifondare un equilibrio di mercato. Inoltre l’industria, anche quella di marca, quest’anno ha apertamente dichiarato ed affermato di preferire merce di media e di bassa qualità. È un’affermazione molto forte. Dobbiamo ricordare che nel riso per bassa qualità si intende una resa industriale bassa e una percentuale più elevata di impurità naturali che, oggi, la tecnologia industriale è capace di selezionare, garantendo sempre e comunque un prodotto di alto livello: allora è inutile produrre un prodotto di alta qualità, quando l’industria si concentra ad un livello più basso per risparmiare sull’approvvigionamento della materia prima. Il livello è più basso perché si è adeguato alla concorrenza straniera? Sì purtroppo, è risaputo che sia inutile seguire la buona pratica agricola, se il prodotto italiano è pagato come quello extracomunitario dove vengono utilizzati prodotti fitosanitari banditi da decenni in Italia e dove le condizioni igieniche di stoccaggio e trasporto sono spesso spaventose … senza dimenticare che il prodotto che arriva da fuori comunità è normalmente pagato prima o contestualmente alla consegna, mentre in Italia il pagamento “normale” è ormai a tre mesi. Questa è una provocazione? Perché gli agricoltori amano il loro lavoro e quindi producono tanto e di qualità e anche perché il mondo agricolo non è mai ricorso alla serrata. Dobbiamo però essere consapevoli che il sistema riso va difeso e va fatto crescere, insieme. Quale soluzione prevede? Gli agricoltori devono smettere di guardare dall’altra parte quando i prezzi del risone sono troppo alti e le riserie devono smettere di fare finta di niente quando i prezzi del risone sono troppo bassi e devono essere consapevoli che un bravo fornitore è tale solo fino a quando è messo nelle condizioni di guadagnare, perché altrimenti o produrrà diversamente o non produrrà più. Restando sul tema, abbiamo voluto sentire un’altra voce, chiedendo un parere al presidente della Sezione risicola di Confagricoltura Alessandria, Gianni Girino. Quali sono i dati in suo possesso? I risi del mercato interno quali carnaroli, baldo, arborio, vialone nano, roma sono andati molto bene, registrando fino al 90% del venduto. I Lunghi A come il ribe sono venduti fino al 75%, mentre i Lunghi B al 70%. Lo stesso vale per i Tondi. Forse ci si aspettava qualcosa in più? Il mercato in generale è risultato un po’ appesantito, anche se a fine raccolto aveva dato segnali molto positivi con aumenti rilevanti. In questo momento l’unico gruppo che è rimasto davvero in buone condizioni è il mercato interno. Quali sono le prospettive di vendita nel breve periodo? La speranza dei coltivatori casalesi è quella di arrivare a fine campagna senza rimanenze; certamente si possono avere preoccupazioni al riguardo per le varietà dei Tondi e dei Lungi A con difetto alto. E parlando di produzione… L’ultima campagna di raccolta è stata buona dal punto di vista della produzione. In Italia si è registrato il record dei 16 milioni di quintali. Inoltre, la qualità dei risi da interno e Indica è sicuramente risultata molto soddisfacente. Un’ottima annata quindi, senza problemi vegetativi alle colture? In realtà vi sono stati alcuni problemi cosiddetti “di macchia” per i risi Lunghi A da parboiled e per i Tondi. Il Casalese, però, non è stato particolarmente colpito da questo problema. Vista l’ottima qualità raggiunta, sono aumentate le semine? Dato che si tratta di attualità, posso fornire delle stime. Sembrerebbe che ci sia un aumento della superficie coltivata nell’ordine dell’1-1,5% ossia tra i 2500 e i 4000 ha. Rossana Sparacino