• L’Asia Orientale è l’area geopolitica dove l’import di vino è cresciuto di più a valore nell’ultimo decennio: +227% (6,45 mld di euro nel 2018)
• L’Ue rimane il mercato più importante (13,3 mld di euro) ma in 10 anni cresce solo del 20%. Poi l’area del Nord America, a +65% e 6,95 mld di euro, tallonata dall’Asia
• Tra i 10 top buyer, Cina e Hong Kong hanno registrato la crescita in valore più accentuata (import da mondo) negli ultimi 5 anni, con un tasso annuo di crescita a +14,9% e +11%
• La variazione più bassa del quinquennio è invece quella dei 2 top buyer europei, Uk e Germania, rispettivamente a -2,3% e +1,2%
• Asia Orientale: Francia leader con quota di mercato al 50% e oltre 3,2 mld di euro. Poi Australia (15,9%), Cile (8,9%) e Italia (6,5%; 5,9% in Cina)
• Asia orientale: le esportazioni di Bordeaux e Borgogna valgono oltre 1 mld di euro, più del quadruplo rispetto a tutti i rossi italiani
• Asia Orientale: Italia al rallenty, cresciuta meno del mercato in tutti i principali Paesi
• Asia Orientale: stime a 5 anni premiano Belpaese, in primis in Cina e Corea del Sud
Far East un amore da 6,45 miliardi di euro
La domanda globale di vino dell’Asia Orientale* vale 6,45 miliardi di euro di import
ed è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), a 6,95 miliardi di euro. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227% (12,6% il tasso annuo di crescita): 11 volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area geoeconomica Nordamericana.
È il quadro di sintesi fatto oggi a Roma nel corso della presentazione del 53° Vinitaly dallo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Secondo lo studio, il vino parla sempre più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e – oggi più che mai – il ‘nuovo’
mondo produttivo, Australia e Cile che in alcuni paesi beneficiano di una politica dei dazi favorevole.
E l’Italia? Dallo studio emerge come a fronte di una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la presenza in Asia Orientale sia ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e altre), la Francia - pur in calo - incassa infatti a valore il 50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24 miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia
(15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).
Veronafiere, al lavoro per una piattaforma di proprietà. Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese. Dal punto di vista commerciale, la Cina e tutto il Far East offrono grandi opportunità per il made in Italy anche per la complementarietà delle produzioni. Per quanto ci riguarda, stiamo ponendo le basi per una presenza costante in Cina di Vinitaly e
degli altri nostri settori di punta, come l’agritech, il design, il marmo, attraverso una piattaforma fieristica proprietaria dedicata.
“La fatica nei bilanci dei nostri vini fermi deriva in buona parte dal mancato salto di qualità laddove la domanda è cresciuta di più