Riportiamo i risultati di una ricerca condotta dall’Università di Sassari che si è avvalsa di una nuova metrica messa a punto dai fisici dell’Università di Oxford
Riportiamo i risultati di una ricerca condotta dall’Università di Sassari che si è avvalsa di una nuova metrica messa a punto dai fisici dell’Università di Oxford e ha dimostrato come i calcoli fatti negli ultimi 20 anni sull’impatto del comparto zootecnico siano totalmente da rivedere.
«La zootecnia italiana non altera il clima e ha impronta carbonica zero» ha affermato il prof. Giuseppe Pulina, docente ordinario di zootecnia presso l’ateneo sardo e “deus ex machina” di Carni Sostenibili, che ha condotto lo studio.
In sostanza sono stati rivisti gli esiti degli esami condotti su diverse tipologie di allevamento tra il 1990 e il 2020 alla luce della permanenza in atmosfera dei gas serra e le risultanze hanno dimostrato come il comparto zootecnico italiano abbia ridotto le sue emissioni di metano, andando addirittura in negativo, sottraendone dall’ambiente.
Finora le emissioni si calcolavano in CO2 equivalente, ma nel 2017 un team di fisici di Oxford si è accorto che esprimere così tutti i gas è errato. Occorre distinguere infatti tra “short living” e “long living” a seconda del tempo di dimezzamento che per il metano è di circa 8,6 anni, per cui è corretto affermare che in un ventennio scompaia del tutto. Discorso diverso per l’anidride carbonica, che resta in atmosfera in media oltre mille anni.
Riducendo le emissioni di metano dunque, come da anni sta facendo l’agricoltura, si raffredda l’atmosfera: infatti i dati ufficiali generati con il nuovo sistema di calcolo evidenziano che il metano è sceso clamorosamente, arrivando a - 49 milioni di tonnellate.