Il Made in Italy agroalimentare ha ottenuto negli ultimi anni brillanti risultati sui mercati internazionali. Stando ai dati riportati nel Rapporto sull’agroalimentare italiano
Il Made in Italy agroalimentare ha ottenuto negli ultimi anni brillanti risultati sui mercati internazionali. Stando ai dati riportati nel Rapporto sull’agroalimentare italiano diffuso nei giorni scorsi da ISMEA, tra il 2019 e il 2022 le esportazioni di settore sono aumentate del 34%, toccando alla fine dello scorso anno il massimo storico nell’ordine di 60 miliardi di euro. E’ salita anche la presenza sui mercati esterni all’Unione europea. Su “Il Sole 24ore” il professor Marco Fortis ha messo in evidenza che, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022, l’incidenza dell’Italia sulle esportazioni totali della UE destinate fuori dall’Unione è passata dal 9,5 all’11,3%. Allo stesso tempo, la quota francese è scesa dal 19,2% al 17,2%.
L’Italia ha dunque migliorato in misura importante il proprio posizionamento competitivo. Le cifre sono di assoluto rilievo. Tuttavia, restiamo ancora al di sotto di quelle che sono le potenzialità del sistema.
Nel rapporto curato da ISMEA è stato messo in evidenza che il nostro Paese “è leader mondiale per le esportazioni di trasformati di pomodoro, pasta, vino e formaggi”, ma nel complesso le esportazioni annuali agroalimentari della Spagna superano di circa 8 miliardi di euro quelle dell’Italia.
La Francia, sempre secondo ISMEA, supera l’Italia in termini di prezzo medio dei prodotti venduti all’estero. La differenza risulta particolarmente marcata per i vini. A questo riguardo può essere interessante segnalare che uno studio promosso dal Senato francese ha messo in evidenza che, al netto del valore dell’export di vini, il saldo dell’interscambio commerciale agroalimentare con gli altri Stati membri della UE sarebbe negativo.
La situazione economica internazionale è meno favorevole rispetto a quella che ha caratterizzato gli anni passati. Prevale l’incertezza dovuta al conflitto in corso in Ucraina e alle tensioni in Medio Oriente. I costi energetici saranno più elevati rispetto al passato. L’inflazione e i tassi d’interesse non torneranno vicini allo zero. Anche il ritmo di crescita del commercio internazionale di beni e servizi è destinato a rallentare. Questo scenario rafforza la necessità di agire per non interrompere la crescita delle nostre esportazioni.
Tre, in primo luogo, gli obiettivi da perseguire nell’ambito di efficaci politiche di filiera: aumentare la produzione interna di cereali in linea con le esigenze delle industrie di trasformazione; rafforzare l’organizzazione economica del settore ortofrutticolo, migliorando anche la logistica per ridurre i costi di trasporto sui mercati esteri che sono sensibilmente più alti rispetto ai nostri principali concorrenti; puntare su una migliore valorizzazione dei nostri vini in termini di qualità. Le prospettive del settore saranno sempre meno legate alle quantità prodotte. Con un aumento del 10%, il valore aggiunto della filiera agroalimentare salirebbe di oltre 6 miliardi di euro (da 64 a 70 miliardi). E’ un traguardo realistico.