L'Aratro n.6 Giugno 2016 - page 3

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ecentemente un rapporto dell’ISPRA, rife-
rito agli anni 2013-2014 e pubblicizzato su
tantissimi organi di stampa, ha riportato
un consistente aumento di residui di fitofarmaci
nelle acque e nei terreni, soprattutto in Pianura
Padana.
Lo studio ha confrontato le concentrazioni con i
limiti fissati a livello europeo da diverse norma-
tive.
Lo studio sostiene che si sono rilevate concentra-
zioni superiori alla SQA (Standard di qualità am-
bientale) nel 21,3% dei casi, con un aumento del
4,3% rispetto alle rilevazioni del biennio 2011-
2012.
Penso sia dovere di noi agricoltori cercare di in-
terpretare meglio questi dati e capire se ci sono
delle nostre responsabilità e come, eventual-
mente, rimediare.
Iniziamo col dire che le sostanze che hanno determinato il maggior
numero di superamenti del limite sono il Glifosate e il metabolita
AMPA (uno dei principali prodotti di degradazione sempre del Gli-
fosate).
Questa rivelazione, proprio nel momento in cui si sta discutendo del
rinnovo dell’autorizzazione all’uso del Glifosate in Europa, potrebbe
anche risentire del forte indirizzo politico che il nostro Ministero del-
l’Ambiente ha dato alla questione.
Anche l’impostazione data alla presentazione dei dati, che in realtà
non si sono discostati molto dal precedente rapporto, con maggior
enfasi ai risultati negativi, ci fa pensare che ci sia stato un preciso in-
dirizzo politico.
La stampa ha dato ampio risalto allo studio, anche se la stessa ISPRA
ha denunciato i limiti dello stesso: disomogeneità territoriale del
monitoraggio (concentrato quasi solo in Pianura
Padana), diversi standard applicati dai labora-
tori, difficoltà di individuazione delle sorgenti di
contaminazione.
Inoltre lo studio non consente di valutare effetti
e miglioramenti che si riscontrano quasi
ovunque dovuti all’uso di minori quantità di fi-
tofarmaci, di molecole meno invasive e della co-
stante crescita dei terreni coltivati a biologico.
La prima cosa che deve farci riflettere è che molte
delle sostanze trovate in dosi eccessive non sono
più autorizzate in Europa e in Italia da decenni.
Non è stato poi rilevato che dai dati riportati
dalla stessa ISPRA la qualità delle acque sia su-
perficiali che sotterranee sia in costante migliora-
mento.
Insomma, la cautela è ovviamente d’obbligo, ma
prima di mettere ancora una volta l’agricoltura sul banco degli impu-
tati sarebbe bene verificare se la fonte di inquinamento non sia forse
da ricercare in altri settori, come quello industriale per esempio. E
anche rimarcare che il sistema hobbistico (che in totale utilizza vo-
lumi di prodotti molto elevati) non abbia tuttora alcun controllo.
E ancora, chi controlla l’impatto che ha sull’inquinamento l’uso dei
fitofarmaci usati da ferrovie, autostrade e pubbliche amministra-
zioni?
A noi agricoltori viene sempre più richiesto di rispettare normative
molto restrittive come il PAN; comunque il continuo sviluppo del-
l’agricoltura biologica e delle misure agroambientali (probabilmente
ingiustamente sottovalutate anche dai nostri politici) deve far capire
che la nostra volontà di rispettare l’ambiente è forse maggiore di altre
categorie e per questo chiediamo rispetto.
Luca Brondelli
I nostri terreni sono davvero così inquinati?
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03/06/2016
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